«Impiegato del comune di Vodo si intascava i soldi»: ora rischia fino a 10 anni

Venerdì 17 Dicembre 2021
Comunale infedele: si intascava i soldi
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VODO DI CADORE - Avrebbe sottratto migliaia di euro al Comune di Vodo di Cadore, dove lavorava come impiegato, emettendo tre mandati di pagamento a suo favore. A.L., 31enne di Casorate Primo (Pavia) e residente a Gazzada Schianno (Varese), è finito a processo per il reato di peculato continuato ai danni dell’amministrazione comunale che però non ha voluto costituirsi parte civile. Nelle intenzioni dell’avvocato della difesa, Marco Ghedina, c’era la volontà di patteggiare. Ma siccome l’imputato non ha voluto risarcire la parte offesa, il legale non ha potuto far altro che chiedere il rito abbreviato. In caso di condanna, permette infatti lo sconto di un terzo della pena e della metà delle contravvenzioni. 

DIPENDENTE “MODELLO” 
In apparenza, al giovane di Pavia, non mancava nulla. Il 21 aprile 2020 era stato assunto a tempo indeterminato dal Comune di Vodo, inquadrato in categoria D-D1 come impiegato dell’area amministrativo contabile. Ma, a dire il vero, il giovane aveva cominciato a lavorare per l’amministrazione comunale a partire dal 21 gennaio dello stesso anno in qualità di responsabile dell’area amministrativo-contabile con attribuzione di indennità di posizione organizzativa pari a 5.000 euro lordi annui. 

L’ACCUSA
Il reato di peculato è stato ipotizzato dalla Procura di Belluno proprio per il suo ruolo di dipendente del Comune che lo eleggeva a pubblico ufficiale. Inoltre doveva occuparsi della gestione del denaro pubblico ed è in questa attività che il giovane sarebbe inciampato. Emettendo, secondo la pubblica accusa, tre distinti mandati di pagamento a favore di Prestitalia s.p.a. in modo di appropriarsi di diverse somme. Tre i versamenti eseguiti, tutti nel 2020: il 16 giugno la somma di 540 euro dalle casse comunali all’ente di riscossione con nota “sollecito regolarizzazione dipendente”; il 3 luglio altri 596 euro, con lo stesso modus operandi e con nota “Cessione del quinto e delegazione dipendente”; infine, il 23 luglio la somma di 596 euro (sempre cessione del quinto). Ma non è finita qui perché successivamente si sarebbe assegnato l’intera retribuzione, relativa al mese di luglio 2020, pur avendo rassegnato le proprie dimissioni e cessato di lavorare per il Comune di Vodo alla data del 23 luglio, accreditandosi inoltre una quota di stipendio e le relative indennità pari a oltre 500 euro per il periodo non lavorato dal 24 al 31 dello stesso mese. Insomma, il 31enne di Pavia avrebbe intascato migliaia di euro, rubandoli all’amministrazione comunale per cui lavorava. La Procura ipotizza un reato molto grave che è quello di peculato continuato, in quanto l’avrebbe commesso più volte. Si configura quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, avendo la disponibilità di denaro altrui per ragione del suo ufficio, se ne appropria. Nel caso in cui la pubblica accusa riuscisse a dimostrarlo, il giudice potrebbe condannarlo alla reclusione da quattro a dieci anni e mezzo. Si applica invece la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando l’imputato ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa è poi stata restituita. Non è il caso di cui si sta scrivendo. 

IL PROCESSO
Il giovane avrebbe sottratto più di duemila euro senza mai restituirli.

Ed è per questo motivo che l’avvocato Marco Ghedina non ha potuto chiedere un patteggiamento: qualora avesse risarcito il Comune e avesse chiesto scusa sarebbe stato ammesso al patteggiamento. Nell’udienza preliminare di ieri mattina, in tribunale a Belluno, il legale ha scelto il rito abbreviato che il giudice ha concesso rinviando al 3 marzo per la discussione. È una scelta strategica perché nel caso di condanna si ha un notevole sconto di pena. 

Ultimo aggiornamento: 09:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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