Scadenza concessioni sulle grandi dighe: l'ira dell'Uncem sui «gravi ritardi»

Giovedì 28 Dicembre 2023 di Lauredana Marsiglia
La centrale di Soverzene
BELLUNO - Gare o proroghe per il rinnovo delle concessioni delle grandi derivazioni idriche? La scadenza è fissata nel 2029, ma le cose da fare sono infinite per evitare di perdere la più grande ricchezza della montagna. Nel caso si andasse a gara, attuando un processo di privatizzazione abbracciato solo dall’Italia nel quadro europeo, potrebbero arrivare colossi esterni e forse anche stranieri, nel caso invece di un’eventuale proroga agli attuali gestori, Enel in prima fila, bisognerà pensare a nuovi accordi che mettano sul piatto l’efficientamento, la sicurezza degli impianti e non di meno il ritorno economico al territorio. 
Il dossier è stato elaborato dall’Unione nazionale Comuni Comunità Enti Montani (Uncem) in occasione del 70esimo anniversario della prima legge varata dal Governo, con all’epoca il ministro delle Finanze, Ezio Vanoni, che obbligava i concessionari di grandi derivazioni al pagamento di un sovracanone agli Enti locali, all’epoca fissato in 1300 delle vecchie lire per ogni chilowatt di potenza nominale media prodotta e oggi aggiornato a 39,94 euro. Un punto fermo ancora oggi che garantisce alla provincia di Belluno circa 18 milioni di euro l’anno.
I bandi dovrebbero essere pronti entro il 2024, ma nulla sembra muoversi, dice l’Uncem: manca chiarezza da parte del Governo.
«Lo Stato deve decidere cosa fare - si legge nel dossier -. E per ora è già successo di tutto. Tra leggi regionali per fare le gare, alcune bandite e alcune impugnate, conferme a Bruxelles che l’Italia farà le gare, proteste dei concessionari attuali, rischi di “colonizzazione” di società con grandi capitali, da tutto il mondo. E probabile marcia indietro con Bruxelles. Come ha fatto la Francia, anche l’Italia chiederà all’Europa di poter prorogare le concessioni? E quale sarà lo spazio dei territori? Gli Enti locali - promette Uncem - non saranno spettatori».
«Se le gare per le concessioni resteranno in capo alle Regioni - aggiunge Uncem -, queste chiamino ai tavoli gli Enti montani, Comuni, Unioni, Comunità montane. Stabiliscano insieme regole, strategie e opportunità. Non solo. Destinino i canoni incassati dall’idroelettrico totalmente ai territori montani».
Uncem cerca così di togliere dall’apparente sonno una questione di vitale importanza attorno alla quale ruotano non solo interessi economici miliardari, ma anche di controllo di un Paese. Lo stesso Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), riferendosi alla privatizzazione del settore, ha lanciato l’allarme parlando non solo di «vulnerabilità energetica del Paese, ma anche dell’urgenza di rivedere alcune linee di azione al fine di evitare di trovarsi in difficoltà maggiori di quanto non si intraveda oggi».
Insomma, la grande partita dell’energia pulita resta ostaggio di troppi interessi, tra i quali quelli dei concessionari che restano in attesa di capire se nelle valli dove sono presenti da decenni, come in provincia di Belluno, avranno ancora un ruolo e se dunque valga la pena investire. 
«Troppa timidezza - conclude Uncem -. Una cosa è certa: servono programmazione e pianificazione. Uncem le propone e le vuole costruire, con Governo, Regioni, Enti locali».
Complessivamente la provincia di Belluno contribuisce per circa l’11 per cento della produzione idroelettrica regionale con le sue grandi centrali, tra cui Soverzene che per incassi di sovracanoni è la terza dopo Terni e Vezzano (Tn), alle quali si aggiungono una miriade di piccoli impianti. 
 
Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 10:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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