BELLUNO - Una selva di divieti: accensione del riscaldamento posticipata di 8 giorni e spegnimento anticipato di 7 giorni e ogni giorno caldaia spenta per un’ora in più.
Termosifoni, date e orari di accensione: la prima è Trento, poi Venezia e Trieste
IL CASO LIMITE
La questione però si complica ulteriormente a Borgo Valbelluna. Il comune nato dalla fusione di Mel, Lentiai e Trichiana si trova infatti in due «zone climatiche» (così le chiama la burocrazia) differenti. Quindi se a Mel si potrà accendere il riscaldamento senza badare a orari e decreti a Trichiana e Lentiai bisognerà invece fare attenzione alle regole che valgono per la zona E: accensione limitata a tredici ore al giorno e per attivare il riscaldamento bisognerà aspettare almeno il 22 di ottobre. Guai ad accenderlo oltre il 7 aprile.
COMUNI SENZA VINCOLI
Per tutti gli altri comuni della provincia di Belluno il decreto del ministro, invece, è poco più di carta straccia. Partendo dal presupposto che i controlli dei termostati all’interno delle abitazioni private sono praticamente impossibili. La classificazione in vigore, quella del decreto 74 del 2013 stabilisce che tutti i comuni di Belluno siano classificati in zona F per la quale non c’è alcun divieto. Liberi tutti. Del resto, e suona quasi come una beffa, in provincia di Belluno ci sono 23 comuni che non sono serviti dalla rete del gas metano.
CONTROLLI IMPOSSIBILI
Eventuali limitazioni in quei territori non avrebbero dunque alcun effetto pratico. L’unica possibilità per avere più tepore tra le mura domestiche in quelle aree rimane quindi la legna o il pellet. A trovarne. La Cgil ha preso in mano la calcolatrice e numeri alla mano ha dimostrato che per i pensionati della provincia di Belluno rischia di essere un inverno al gelo. Con buona pace delle limitazioni del ministro Cingolani.
IL SALASSO
«La crisi energetica da noi non è solo gas ed elettricità – ha sottolineato la segretaria generale Spi Cgil Belluno Maria Rita Gentilin – Nella nostra provincia ben 23 comuni non sono metanizzati. Molti bellunesi si riscaldano con legna da ardere, una risorsa del nostro territorio. La legna da ardere è passata da 12 a 25 euro al quintale e non si trova più». Questo porta ad un altro grave problema: «I costi e la mancanza di legna determinano l’impossibilità di riscaldare le abitazioni – continua Gentilin – Gli anziani hanno bisogno di calore più dei giovani e dei lavoratori poiché rimangono in casa tutto il giorno. Tra l’altro le temperature invernali sono più basse che nelle altre zone del paese. Deve essere trovata una soluzione al più presto». Per i comuni bellunesi, insomma una sorta di lasciapassare. Chi vorrà scaldarsi di più (o ne avrà bisogno) potrà farlo. Liberi, alla luce delle nuove tariffe previste per la fornitura di gas, di spendere di più.