«Nelle Regole il cancro del maschilismo: lotta impossibile contro la secolare esclusione delle donne»

Lunedì 27 Novembre 2023 di Lucio Eicher Clere
Il presidente del Comitato di controllo della Regola, Michele De Bernardin

BELLUNO  - «In questi giorni di discussione sulla cultura patriarcale in Italia, non possiamo tacere di fronte al cancro del maschilismo che permane all’interno delle Regole del Comelico e di Cortina d’Ampezzo». A sollevare la questione della esclusione delle donne dalle comunioni famigliari montane è il presidente del Comitato di controllo della Regola di Campolongo, Michele De Bernardin. «La Regola a cui appartengo - dice - è stata la prima in Comelico a inserire nello statuto, dopo la secolare esclusione, anche le donne. Ma allora questo cambiamento che andava nella direzione della parità dei sessi, sancito dalla Costituzione e dal Codice di diritto civile, non riconosceva alle donne gli stessi diritti dei maschi. Infatti se una si sposa perde la titolarità regoliera e non è contemplata la trasmissione del diritto regolero ai figli di madre originaria di Campolongo che abbia sposato un non regoliere». «Una vergogna - rimarca De Bernardin -. E, nonostante io abbia richiamato gli amministratori a far uscire lo statuto dall’illegalità, non si riesce a modificare le norme perché in assemblea generale non si raggiunge mai il numero per la modifica dello statuto».

LA QUESTIONE
Il problema dell’esclusione delle donne dalle Regole interessa tutti gli antichi enti montani, a partire da Cortina d’Ampezzo, attraversando il Cadore e arrivando in Comelico. «Le sentenze della Corte di Cassazione del 2015 e quella della Corte d’Appello di Venezia di quest’anno - afferma De Bernardin - hanno condannato la Regola di Casamazzagno perché lo statuto non riconosce i diritti delle donne, ma richiamano anche tutte le altre Regole a rispettare la Costituzione e le leggi italiane. Non è più possibile ignorare questa anomalia legale in una serie di istituzioni che sono riconosciute per legge dalla repubblica e dalla Regione Veneto. Negli articoli della legge del 1996, che riconosce le Regole come enti di diritto privato, è prescritto che gli statuti delle Regole debbono essere conformi alla Costituzione per la parità dei sessi. Perché il legislatore regionale non pretende che questa norma venga rispettata? Ormai sono quasi trent’anni che l’anticostituzionalità degli statuti viene ignorata e tollerata e questo grida vendetta per il rispetto del diritto delle donne della montagna veneta». 

LA FOTOGRAFIA
In Comelico, delle 16 Regole presenti nei paesi della vallata, solo 8 hanno modificato gli statuti inserendo anche le donne, ma lo hanno fatto in modo limitato, tarpando le donne del diritto di conservare l’appartenenza alla Regola nel caso in cui sposino un non regoliere e impedendo la trasmissione del diritto di appartenenza alla Regola ai figli per linea femminile. «Io credo che la Regione Veneto - sostiene Michele De Bernardin - non possa più fregarsene di questa situazione di illegalità e debba porre le Regole di fronte all’aut-aut, o inseriscono le donne con gli stessi diritti dei maschi, dando dei termini precisi e limitati per modificare gli statuti, oppure da Venezia non dovranno più arrivare contributi pubblici agli enti regolieri. Chiamo in causa il presidente Zaia, che di fronte alla tragedia di Giulia ha sostenuto che le donne devono essere tutelate 365 giorni all’anno, perché tuteli le donne delle Regole della montagna veneta, affinché la vergogna del patriarcato abbia fine».

LA STORIA 
Era il 2015 quando le sedici Regole comeliane decisero di affrontare la questione delle donne con l’intento di affrontare l’argomento in modo unitario, da allora però ancora poco è stato fatto.

Anche le Regole d’Ampezzo ancora oggi continuano col patriarcato escludendo le donne.

Ultimo aggiornamento: 14:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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