Medici no vax a Belluno, ora il caso approda in Parlamento

Mercoledì 19 Maggio 2021 di Davide Piol
A Belluno alcuni medici hanno promosso un ricorso contro l'obbligo vaccinale per i sanitari
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BELLUNO - Ha superato i confini provinciali la questione dei sanitari contrari al vaccino anti-covid, ed è sbarcata in Parlamento sotto forma di un’interrogazione al ministero della Salute. A depositarla, ieri pomeriggio, è stato il deputato bellunese del Pd Roger De Menech. «Credo fortemente che, al di là dei comportamenti virtuosi dei cittadini, l’unica soluzione per porre fine al disastro della pandemia sia la profilassi vaccinale – ha commentato De Menech – L’aspetto educativo che deriva dall’atteggiamento del personale sanitario è fondamentale.

Abbiamo avuto seri problemi nelle case di riposo, vorremo evitare di averceli anche negli ospedali».


I CONTRARI AL VACCINO
Sono stati i due ricorsi “no-vax”, depositati al Tribunale del lavoro di Belluno, a catalizzare l’attenzione nazionale sulla provincia ai piedi delle Dolomiti. Nei giorni scorsi è intervenuto sull’argomento anche il virologo milanese Roberto Burioni: «Di nuovo: non è tollerabile avere un primario no-vax (si riferisce a Sergio Bissoli che, nel frattempo, ha deciso di vaccinarsi, ndr). Cacciatelo subito per il bene suo e dei suoi pazienti». Il primo ricorso, proposto da 10 operatori socio-sanitari dipendenti di Sedico Servizi e Sersa, è stato rigettato il 19 marzo dal giudice Anna Travia. La stessa sorte è capitata al reclamo (depositato in quell’occasione da 7 oss). Quanto al secondo ricorso si attende la discussione fissata per il 25 maggio. I ricorrenti sono 61 dipendenti dell’Ulss Dolomiti e di 4 case di riposo del territorio (erano 62 ma il primario di Medicina Nucleare di Belluno Sergio Bissoli ha deciso di rinunciare al ricorso e vaccinarsi). Nella lista, spiccano i nomi della dottoressa Federica Zanatta di Cure Palliative, del dottor Cosimo Damiano Smiraglia, dirigente sanitario in Psichiatria (entrambi lavorano a Feltre), e quello di ben 19 infermieri.


L’INTERROGAZIONE
«L’Ulss Dolomiti non sembra aver preso ancora nessun provvedimento nei confronti del personale sanitario non vaccinato – ha scritto De Menech – Nemmeno verso coloro che non solo hanno rifiutato il vaccino per libera scelta ma hanno anche fatto ricorso contro la stessa azienda». L’interrogazione parlamentare si conclude con due richieste. La prima: quanti sono ad oggi i sanitari sospesi dal servizio o affidati ad altra mansione per aver rifiutato, volontariamente, di sottoporsi alla vaccinazione contro il covid-19? La media nazionale è di poco superiore al 4% del totale ma in alcune regioni si arriva anche al 15%. Infine, viene chiesto al ministero della Salute se è al corrente dei fatti avvenuti presso l’Ulss Dolomiti e «se intende intervenire urgentemente, per quanto di sua competenza, al fine di fare chiarezza sulla situazione e tutelare tutto il personale e i pazienti nelle strutture sanitarie».


«NO COMMENT»
L’azienda sanitaria, interpellata ieri, prosegue con il consueto “no comment”. Con il decreto legge 44 del primo aprile il personale sanitario ha l’obbligo di vaccinarsi (esclusi i soggetti con patologie importanti). Chi rifiuta di farlo deve essere sospeso dal servizio o spostato di mansione fino al 31 dicembre. «L’esempio del medico che rifiuta il vaccino è devastante – ha sottolineato Roger De Menech – Perché poi il pensiero della gente è questo: se non lo fa il primario, perché devo farlo io? Già abbiamo avuto difficoltà comunicative nel far accettare i diversi tipi di vaccino (vedi AstraZeneca, ndr). Se poi aggiungiamo anche questi dubbi creiamo ancora più confusione tra i cittadini».


QUESTIONE DI SALUTE PUBBLICA
Il problema, come si può intuire, va al di là della posizione del singolo medico: «Tutti quelli che mettono in dubbio l’importanza delle vaccinazioni fanno un danno alla collettività. Non serve solo a te che lo fai. Ma a tutti gli altri. Soprattutto a coloro che, causa malattie gravi, non possono vaccinarsi». De Menech tiene a precisare che l’interrogazione non ha lo scopo di punire qualcuno ma di lanciare un messaggio: «Non sono d’accordo con quelli che si attaccano all’aspetto giuridico. È più importante il messaggio che la sanzione. C’è una legge, va applicata. Ma sopra ad essa c’è la necessità di uscire dalla pandemia. E quindi deve esserci un principio di buon senso da parte di tutti, in particolar modo dal personale sanitario che ha il dovere di dare l’esempio».

Ultimo aggiornamento: 20 Maggio, 09:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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