Belluno. L'ascesa del pianista Menegardi: «Mi avvicinai alla musica a un anno, non l'ho più lasciata»

Martedì 2 Gennaio 2024 di Silvano Cavallet
Giacomo Menegardi

BELLUNO - «Se guardo indietro, credo di poter dire che, a casa, la musica, quella classica, c'è sempre stata. Tempo fa ha trovato un filmato che mi riprende quando avevo un anno e mezzo e proponevo impacciate movenze di danza ascoltando Beethoven. Ecco, direi che tutto e cominciato da lì. Poi, quando verso i sei anni i miei genitori mi hanno chiesto se avessi voluto accostarmi alla musica, ho risposto subito sì, scegliendo come strumento il pianoforte». Giacomo Menegardi ha 22 anni e ogni tanto torna a Belluno insieme a Emma Pestugia, sua compagna di vita e di impegno musicale («Ci siamo conosciuti qualche anno fa, quando sono andato a Padova per assistere a un suo concerto.

Poi, da cosa cosa nasce cosa...»).

LA SCUOLA

Racconta come ha cominciato: «Un inizio parallelo: scuola elementare e scuola musica. Ho iniziato a frequentare l'Accademia Rossini sotto la guida di Katia Bellus. Una frequenza durata fino ai 15 anni; fino a quando ho conosciuto il maestro Filippo Gamba, che insegnava anche alla Musik-Akademie di Basilea, che ha rappresentato l'avvio di una nuova prospettiva di lavoro». Il passo successivo? «L'entrata al Conservatorio di Castelfranco e l'avvio del rapporto con Massimiliano Ferrati, sotto la cui guida mi sono diplomato lo scorso anno». Di recente Giacomo si è aggiudicato il "Premio Venezia", un passaggio di grande importanza per un giovane musicista. Come ha vissuto questo evento? «Confesso che ho fatto un salto di gioia; ma proprio un vero salto». Forse eco dei trascorsi di atleta (come il cugino Alessio Sommacal, che adesso in California studia biologia cellulare e molecolare abbinando lo studio alla pratica sportiva)? «In effetti è proprio così. D'altra parte frequentare piste e pedane, per noi era una sorta di impegno ineludibile. E non ero neanche tanto male: a 15 anni, quando ho smesso, ero arrivato a 1.74 nel salto in alto».

I PROGRESSI

Il Premio Venezia rappresenta un momento molto importante nella tua vita. Ma proviamo a riavvolgere il nastro. Come nasce la tua passione per la musica? «La crescita è stata progressiva, senza strappi, e questo ha finito con l'essermi utile. Voglio dire che mi sono trovato a confrontarmi con il nuovo ordinamento che prevede il completamento del liceo prima di passare all'accademia. Un percorso che mi ha permesso di arrivare a competere al Premio Venezia con una buona preparazione. Aspetto tanto più importante se pensi che a questo premio puoi partecipare una sola volta». Provi a definire il rapporto con Ferrati. «Lavoro, lavoro, lavoro; e poi ancora lavoro. Studiare e ripassare ogni dettaglio con l'obiettivo di eliminare tutte le possibili imperfezioni». Un lavoro e un impegno che, peraltro, non le hanno impedito di esibirsi in Italia e all'estero e di ottenere anche prestigiosi riconoscimenti. «In effetti, quando dentro hai questa passione per la musica, ti senti spinto a lavorare per migliorare continuamente e, assieme, per andare a verificare il livello che hai raggiunto, sottoponendoti al giudizio di altri ambienti, di altri musicisti. Ho suonato a Dublino e all'Istituto italiano di Cultura di Edimburgo. Lo scorso anno sono arrivato sesto (su 200 partecipanti, ndr) al Premio internazionale "Casagrande" a Terni mentre l'anno precedente avevo vinto il concorso internazionale "Premio Alkan" per il virtuosismo pianistico romantico».

IL RISULTATO

Torniamo al "Venezia". Che cosa comporta questo riconoscimento? «Intanto che ho dovuto coinvolgere parenti e amici per riuscire a portar via le cinque targhe, a cominciare da quella del Presidente della Repubblica, che vanno al vincitore. A parte le battute, vincere il "Venezia" significa ottenere un'importante borsa di studio e la possibilità di suonare in importanti sedi. Un riscontro per tutti: a giugno, in occasione della Festa della Repubblica, suonerò a Venezia, nella Sala Grande della Fenice, accompagnato dall'orchestra della Fenice». Vincere un premio di questo spessore serve anche ad allargare la rete dei contatti. «Certamente. Come corollario al premio, infatti, nel 2024 sarò impegnato in più di venti concerti, in Italia e all'estero». A Venezia ti sei presentato con i "Quadri di un'esposizione" di Musorgskij e con "La cathedrale engloutie", uno dei preludi di Debussy. Questo significa che prova una predilezione per le composizioni simboliste? «È sicuramente una parte della musica che mi affascina; come il romanticismo di Chopin e Schumann, peraltro. E poi, naturalmente, Beethoven e Mozart che rimangono punti fermi. D'altra parte, il musicista che più mi affascina è il maestro Daniel Barenboim che, come si sa, è uno degli interpreti più virtuosi proprio di Mozart». E Giacomo ne parla con un linguaggio piano, lineare, ma allo stesso tempo affascinante. Anche con le parole riesce a trasportare le persone dentro un teatro per far loro apprezzare appieno le sue capacità». 

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