BELLUNO - Anche nel settore della panificazione, l’aumento su tutti i fronti delle materie comporterà inevitabilmente dei ritocchi ai listini che si ripercuoteranno sul consumatore finale.
GLI AUMENTI
«La crescita dei costi delle materie prime è un fenomeno che stiamo riscontrando da tempo – dice l’imprenditore che è anche titolare a Cortina dello storico panificio Ghedina -. È iniziato a manifestarsi ben prima della guerra in Ucraina che inevitabilmente sta peggiorando ancor di più le cose. Complessivamente dall’anno scorso abbiamo subito aumenti per ora quantificabili in un 15% se guardiamo a farina, olio e lievito. Certi prodotti come gli imballi sono invece cresciuti del 25%, per non parlare dell’energia elettrica e del gas che sono più che raddoppiati come tutti sanno». E oltre all’impennata dei costi c’è anche da fare i conti con l’approvvigionamento dei materiali, come sottolinea lo stesso Ghedina: «Per gli imballi ormai si naviga a vista. I fornitori non garantiscono i prezzi, già alti, e per i tempi di consegna si parla ora di 2 o 3 mesi. Una situazione del genere è difficile da gestire per tutti. Sia per chi lavora direttamente con il pubblico sia per chi, come noi, lavora con la grande distribuzione».
IL CONSUMATORE
«Vediamo - prosegue il referente dei panificatori - che è difficile far accettare gli aumenti dei nostri listini ai clienti, per quanto sappiano quanto sia complicata la situazione generale, precipitata con il conflitto in corso. E se li accettano spesso lo fanno proponendo degli sconti compensativi. Senza mettere mano ai listini, però, per noi sarà difficile sopravvivere: è una scelta inevitabile se consideriamo che solo la farina è aumentata del 15% da inizio 2021 e il suo costo continua a salire: ci sono ancora alcuni fornitori che stanno facendo degli sforzi per mantenerne bloccato il prezzo, però sarà inevitabile anche per loro doverli alzare. Con i costi che abbiamo ora, sommati alla tassazione, gli utili si stanno assottigliando sempre di più». Riguardo alle prospettive, poi, Ghedina dice non vedere alcuna luce in fondo al tunnel e auspicherebbe da parte delle istituzioni interventi decisi: «Per ora – commenta - non vedo soluzioni efficaci. Abbattere di 15 centesimi il costo della benzina non può bastare. Servono invece interventi più ragionati e profondi, non solo mediatici. Intanto siamo costretti a navigare a vista con la speranza che oltre a tutti questi problemi, non subentri anche quello della contrazione dei consumi da parte dei clienti».
LA POLITICA
E proprio a livello istituzionale, ieri l’eurodeputato Herbert Dorfmann ha fornito un’analisi della questione del caro-cereali annunciando le prossime mosse: «Quest’anno sarà impossibile il raccolto in Ucraina, sarà già soddisfacente se non dovranno ricorrere ad importazioni, e questo è un dramma per l’intero pianeta, visto che parliamo di uno stato che produce il 10% del grano esportato nel mondo ed è uno dei maggiori produttori di mais e di girasole», spiega Dorfmann. Per l’eurodeputato si deve lavorare su due piani: «Da un lato, dobbiamo sostenere la produzione, e la mia proposta è quella di derogare al set-aside e quindi di riportare alla coltivazione tutti quei terreni agricoli oggi costretti al riposo. Dall’altro, serve un’azione forte e immediata della Commissione Europea sull’Ungheria, che sta bloccando l’export di mais e grano, creando una situazione insostenibile soprattutto per l’Italia. Stiamo parlando di uno Stato membro che sta bloccando il mercato all’interno dell’Unione, una cosa inaccettabile».