I baristi bellunesi: «Via le tasse o chiudiamo»

Mercoledì 29 Aprile 2020 di Alessia Trentin
Bar chiusi da settimane la protesta dilaga
Dal centro alla periferia, in 99 chiedono aiuto al sindaco Jacopo Massaro. I gestori di bar, ristoranti, pub e pasticcerie si prendono a braccetto e lanciano un appello al Comune. Non si chiedono soldi né contributi, ma sgravi. La sospensione delle imposte comunali per l’anno in corso, perchè il futuro non è solo incerto, si teme sia proprio nero. Il rispetto della normativa sulla sicurezza imporrà una riorganizzazione dei locali che, è inevitabile, andranno incontro a minor fatturato e dunque alla difficoltà di assicurare gli stipendi e pagare tasse e balzelli. Dopo settimane di silenzio, in attesa di un cenno da parte della politica o di un miglioramento della situazione generale, la categoria ha deciso di mettere nero su bianco la propria frustrazione e il proprio malcontento indirizzando al primo cittadino, ai consiglieri comunali, ai parlamentari e ai consiglieri regionali bellunesi un’accorata lettera riportata qui di seguito. 
LA LETTERA
Si parla di difficoltà concrete di chi, abituato a stare dietro il bancone, a servire espressi e brioche, a cucinare e accogliere clienti oggi si sente inerme e schiacciato dal peso dei pensieri, spese, mutui e di una ripartenza slittata al primo giugno. “L’emergenza Covid19 purtroppo si sta protraendo molto più delle aspettative e molto più di quanto sia economicamente sopportabile per la categoria Pubblici Esercizi – scrivono -. Le scriviamo in 99 esercenti del Comune di Belluno, che si sono spontaneamente confrontati e uniti nel chiedere con forza un importante contributo per salvare le nostre attività. Con l’ultimo dl, che di fatto ci costringe a stare chiusi per quasi tre mesi, e con lo spettro di una riapertura a ranghi ridotti, molti di noi, a conti fatti, pensano di non riuscire a sopportare le forti contrazioni del nostro settore oltre al lungo stop. La nostra categoria sembra essere la più penalizzata non solo dal lungo stop ma anche dalle prospettive del post apertura: come può un bar lavorare senza bancone e con i tavoli, massimo da 2 persone, a distanza di due metri? Chi vuole che venga in un luogo destinato alla convivialità quando ad accoglierlo a distanza ci sarà del personale in guanti e mascherina che magari dovrà posare bevande e pietanze lontano dal cliente che dovrebbe andare a prenderle da sè? Non pensa che la gente preferisca rimanere a casa che frequentare locali così? Molti di noi stanno considerando di non riaprire affatto e gli altri si vedono di fronte alla prospettiva mortificante e agghiacciante di lavorare in perdita per un anno almeno. Ma perché dovremmo farlo? Lei vorrebbe lavorare se la situazione la condanna già in partenza?”.
LA RICHIESTA
Il quadro è nero. In una provincia che ha iniziato l’anno in retromarcia e con una raffica di chiusure di negozi e locali, la crisi attuale arriva come la mazzata definitiva per qualcuno. Per questo servono aiuti concreti e quelli possibili dal Comune riguardano le tasse. Vanno dritti al sodo gli esercenti. “Chiediamo la cancellazione per il 2020 delle tasse e imposte comunali per la nostra categoria per dare un contributo alla salvezza dei locali del comune – scrivono -, non chiediamo contributi a fondo perduto, ma chiediamo di non essere tassati. Tariffe come quella rifiuti per la nostra categoria sono un macigno vero e proprio. Auspichiamo così di arginare l’emorragia di aziende e di posti di lavoro a cui rischiamo di assistere”. Il Comune, un paio di settimane fa, ha annunciato lo slittamento a ottobre di diverse imposte comunali come quelle sulla pubblicità permanente e come la tassa di soggiorno. Ma non è sufficiente, per la categoria. Slittare di un paio di mesi significa solo rimandare una resa dei conti che vede le piccole realtà perdere in partenza.
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