Il monte Calvario restituisce gioielli di archeologia romano-veneta

Domenica 8 Novembre 2020
Il monte Calvario restituisce gioielli di archeologia romano-veneta

Chissà se saranno rimasti per un attimo con il fiato sospeso anche i primi uomini, quasi sicuramente soldati romani, che duemila anni fa salirono sulle propaggini meridionali dell’Aiarnola che domina Auronzo dall’alto dei suoi 2456 metri: guardando la valle e il corso dell’Ansiei che allora non era ancora stato frenato dalla diga, videro a sinistra il Tudaio, davanti a loro l’Agudo con il costone del Pian dei Buoi e a destra, lontane contro il cielo, le Tre Cime.
L’INCROCIO
Era il baricentro di uno spettacolare crocevia prima ambientale, poi militare e successivamente commerciale destinato a svelare oggi i suoi segreti e la sua storia, gelosamente custoditi all’ombra di larici secolari: siamo sul monte Calvario, una modesta collina alle spalle del paese, non distante dal cimitero. Qui il casuale ritrovamento alla fine del secolo scorso di due dischi con raffigurazioni incise e di alcune lamine diede il via una serie di scavi. La prima campagna risale al 2001 e si concluse nel 2011, la seconda è iniziata nel 2016 ed è tuttora in corso. L’esclusività del sito è legata al fatto che unisce elementi romanici a quelli tipici della tradizione veneta. «Una fusione eccezionale -sottolinea Antonio Persichetti, l’archeologo che per conto di Archetipo di Padova sta seguendo lo scavo aurozano- l’unicità è data dal fatto che ci troviamo in un’area alpina lungo una direttrice che punta all’area norica». Elementi romanici in un contesto veneto consegnano così ai nostri giorni capitoli di storia introvabili in nessun altro angolo del pianeta. Il nucleo originario si fa risalire al primo secolo ac, le ultime tracce datano 500, 600 dc. Circa mezzo millennio, dunque in cui da tempio pagano, il monte Calvario si è trasformato in santuario che ha ospitato riti cristiani. Non solo religione: «Sono state trovate monete defunzionalizzate -spiega Persichetti- cioè soldi che i militari offrivano in voto agli dei come richiesta di protezione prima di una missione a nord: le monete venivano preventivamente incise per evitare che potessero essere usate».
I RITI
Riti propiziatori, ma anche banchetti a base di animali che venivano sacrificati e cucinati con mestoli (“simpula”).

Al termine venivano spezzati rituallmente e i manici incisi con una dedica agli dei. Nei giorni scorsi gli archeologi di Archetipo hanno coperto con geotessuti protettivi la seconda area di scavi, posta poco distante dalla prima, quella costituita dall’altare in travertino in un recinto risalente all’età repubblicana e al successiva stanza di 7 metrti per 6 sulla sommità, questa risalente all’età augustea. Proprio a pochi metri da questo nucleo originario sono venuti alla luce un acciottolato di accesso e altri terrazzamenti. «L’augurio -spiega Persichetti- è che si possano trovare i fondi per proseguire questa seconda campagna di scavi per completare quanto sino ad ora scoperto». Gli esperti torneranno qui a primavera inoltrata, i rigori dell’inverno non consentono di proseguire l’attività all’aperto. Anche l’attività fotografica eseguita con i droni è stata completata e i rilievi dall’alto consentono una ricostruzione tridimensionale del comprensorio. Lo stesso percorso della via crucis con una striscia di cemento che sale dal cimitero fino alla sommità del Calvario, fa parte del progetto di valorizzazione dell’area archeologica. È un po’ la prosecuzione delle funzione religiosa che i primi pagani affidarono a questa altura strategica, dominante e silenziosa, come se quel vento sottile non avesse mai smesso di stormire tra le fronde degli abeti.

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