Albino Luciani, lezione di umanità e modernità: nuovo libro sul Papa che parlava a operai e mezzadri

Giovedì 18 Agosto 2022 di Nicoletta Cozza
Papa Albino Luciani
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CANALE D'AGORDO - Il suo cuore cessò di battere poco dopo che si era disteso a letto, tenendo in mano dei fogli mai più ritrovati. Da 33 giorni era stato eletto Papa e quella sera, prima di ritirarsi, aveva salutato le religiose che lo accudivano, dicendo: «A domani, suore, se il Signore vuole, celebriamo messa insieme». Era la notte del 28 settembre 1978 e da allora quella morte improvvisa a 65 anni, mai chiarita del tutto perché non venne disposta l'autopsia, è stata raccontata più della sua vita. L'ultimo Pontefice italiano sarà beatificato il 4 settembre e per questo un teologo, monsignor Ettore Malnati, e un saggista, Marco Roncalli, hanno ricostruito la sua parabola umana e spirituale in un libro intitolato appunto Albino Luciani. Giovanni Paolo I. Una biografia (edizioni Morcelliana).
«Era un uomo di Chiesa vicino ai problemi della gente, che colpisce ancora per la sua fede granitica e il suo realismo pieno di misericordia. Una figura - sottolineano gli autori - che non va ridotta al Papa del sorriso, come accadde a Giovanni XXIII con l'etichetta del Papa buono, né va rinchiusa dentro categorie come conservatore o progressista, bensì merita un approfondimento a partire dalle origini, senza concentrare l'attenzione solo sul giallo del decesso».
E per restituire la personalità di Luciani ai lettori, hanno scandagliato archivi, raccolto documenti e testimonianze, partendo dalle origini, cioè dal Veneto, ed esattamente da Canale d'Agordo, paese sperduto del Bellunese che d'inverno quando la neve cade abbondante resta isolato, accentuando le difficoltà, che però fanno crescere solidarietà e condivisione tra gli abitanti, valori che hanno contraddistinto l'operato del concittadino più illustre.

LA STORIA
Inizia da qui la narrazione, ripercorrendo le orme del protagonista, dall'attenzione all'ambiente familiare e alla formazione in seminario di Giovanni Paolo I, dove resta come vicerettore e docente negli anni della Seconda Guerra Mondiale, e si estende poi al periodo in cui è stato vescovo a Vittorio Veneto, padre conciliare, patriarca a Venezia, cardinale e appunto pontefice per poco più di un mese, sempre fedele all'eredità del Concilio Vaticano II, che per lui rappresentò un'autentica conversione. «Dieci anni fa - osserva Roncalli - mi ero già occupato di Luciani dando alle stampe un lavoro storico, e ora in questo secondo volume si inserisce anche la visione di Malnati, teologo che l'ha conosciuto bene.

Lo vide per la prima volta nel 1966 a Vittorio Veneto durante l'alluvione e Luciani era in mezzo al fango, con le scarpe sporche di terra, per portare conforto alla popolazione. Abbiamo cercato di scrivere una biografia a 360 gradi, raccogliendo elementi che ci restituiscono le sue intenzioni, le preoccupazioni e le linee programmatiche, come la conservazione della disciplina nella Chiesa, l'attenzione alla catechesi, il contrasto alla secolarizzazione, la fermezza con i dissidenti, l'impegno pastorale a fianco della sua comunità. Ne emerge una figura complessa, capace, con realismo e misericordia, di intuizioni modernissime: lo testimoniano le sue posizioni sulla contraccezione e sulle unioni di fatto e, soprattutto, l'attenzione alla comunicazione, con il suo linguaggio semplice e diretto. Una lezione di umanità che sarebbe stata ripresa dai suoi successori. E l'importanza di quel pontificato continua a rivelarsi inversamente proporzionale alla sua brevissima durata».

LE ORIGINI
Da vescovo di Vittorio Veneto Luciani ha vissuto in anni di rilevanti trasformazioni nel mondo della politica, del lavoro, dei costumi, anche alle prese con episodi dolorosi, come le violenze in laguna quand'era patriarca, o ai vertici della Cei negli anni dove si discuteva di divorzio, dialogo a sinistra, dissenso, aborto, terrorismo e concordato. «Era l'esempio - prosegue monsignor Malnati, che è vicario episcopale della Diocesi di Trieste - di come un uomo di Chiesa non debba rimanere chiuso nelle sagrestie. Era un grande catechista che indicava le cose importanti che deve fare un cristiano attraverso l'ascolto, la coscienza e l'impegno civile. Lo fece da Pontefice, ma anche da Patriarca, e in questo sta la sua originalità, causa di certe incomprensioni a Venezia. Per l'attuazione della sua Riforma Lutero fece un grande e un piccolo catechismo e Luciani, che aveva la preoccupazione di educare il popolo di Dio, fece anch'egli un piccolo catechismo che fu elogiato dal filosofo francese Jean Guitton».
Malnati elenca poi alcuni episodi. «È stato un ecclesiastico capace di andare incontro ai grandi problemi sociali - commenta - come quando, appena giunto a Vittorio Veneto, tra il 1959 e il 1960, venne proclamato lo sciopero dei mezzadri, i quali erano alla mercé dei proprietari terrieri. Luciani, nonostante le perplessità degli altri vescovi, li difese e si adoperò dando mandato alla Cisl di tutelarli. E nel periodo veneziano fu molto attento alle rivendicazioni degli operai di Marghera. Voleva contratti per tutti, anche per i sagrestani. E la ragione c'è, in quanto veniva da una famiglia di migranti: il padre per mantenere la famiglia aveva un'occupazione in Svizzera, mentre la madre faceva la donna di servizio a Venezia. Lui, pertanto, era molto sensibile alla dignità di chi fatica per guadagnare il pane. Curioso, infine, è il suo rapporto con Marcinkus. La prima volta lo incontrò per parlare del Banco San Marco, dove i sacerdoti veneti mettevano i risparmi delle parrocchie e al termine il futuro Pontefice commentò el ma tratà come un bidel. Giovanni Paolo I successivamente lo rivide in Vaticano, ma pur ricordando il precedente gli rispose gentilmente».

IL GIALLO
Il settimo capitolo si focalizza sugli ultimi giorni di Giovanni Paolo I, dalla presa di possesso del Laterano, all'addio nella notte. «Sulla sua morte - dice ancora Roncalli, che è nipote di Papa Giovanni XXIII - si è molto romanzato, ma la storia clinica che ricostruiamo parla diversamente. Nei giorni precedenti al decesso in molti, tra cui Giulio Andreotti, riscontrarono che aveva un aspetto terreo, forse dovuto alla fatica, e le caviglie gonfie, oltre a problemi digestivi. Insomma un quadro non confortante, ma utile per rileggere quanto è accaduto qualche giorno dopo. Nel pomeriggio del suo ultimo giorno di vita cominciano i primi misteri legati all'addio che sta per consumarsi, sui quali non ci sono documenti scritti, ma solo le testimonianze divergenti di chi si trovava nell'appartamento pontificio. Il referto parla di infarto al miocardio, in un soggetto che aveva già accusato problemi cardiaci. Ma i vescovi come hanno potuto affidare a un malato di cuore l'incarico supremo del pontificato? Il mistero della sua elezione forse è più grande di quello della sua morte». «Aveva ragione - ma solo in parte - conclude Roncalli - padre David Maria Turoldo quando disse: Nessun avvenimento richiede tanto silenzio quanto la morte. Tanto più quella di un Papa che è durato appena un mese. A lui è mancato il tempo di rivelarsi e a noi di scoprirlo nelle sue intenzioni».

 

Ultimo aggiornamento: 20 Agosto, 11:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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