Ex Acc, nessun colpevole per il crac: il Tribunale nega i risarcimenti

Sabato 13 Marzo 2021 di Lauredana Marsiglia
La protesta davanti al Tribunale di Pordenone dove era sotto accusa, poi assolto, l'ad Luca Ramella

BORGO VALBELLUNA - I manager della fallita Acc Compressors Spa se ne andarono con compensi milionari lasciando però un buco di 450 milioni di euro e 1500 posti di lavoro persi assieme alla leadership mondiale nel settore dei compressori per la refrigerazione domestica. Ma la catastrofe industriale, finanziaria e sociale vissuta con il fallimento della vecchia proprietà, facente capo a fondi speculativi, non ha trovato alcun responsabile. Assolti dall’accusa di bancarotta fraudolenta tutti gli ex amministratori, con in testa l’ad Luca Ramella, l’ultima beffa si è consumata il 15 febbraio scorso nelle aule del Tribunale civile di Milano dove la Procedura, ovvero il commissario liquidatore, Maurizio Castro, non solo si è vista respingere il ricorso per ottenere il risarcimento di quel maxi-buco creato tra il 2011 e il 2013, ma si è vista caricare anche le spese legali per 404mila euro e altri 56 di perizia. 
TROPPE ANOMALIE
Una sentenza che lascia senza fiato e che ha portato il Castro, attualmente ancora commissario straordinario dopo l’uscita del gruppo cinese Wanbao che era subentrato ad Acc Compressors, a scrivere al Ministero dello sviluppo economico affinché impugni una sentenza che lascia basiti.
«Ciò anche al fine di evidenziare le particolari anomalie che hanno interessato una vicenda giudiziaria che non solo avrebbe dovuto costituire fonte rilevante di soddisfazione delle aspettative economiche dei creditori sociali - scrive Castro al Ministero -, ma avrebbe dovuto anche far luce su uno dei più imponenti disastri industriali degli ultimi decenni. E che, invece, a fronte delle opinabili decisioni assunte dalla magistratura civile e penale, non ha consentito ad oggi di rispondere alle istanze della comunità bellunese e delle sue istituzioni, delle organizzazioni e delle rappresentanze sindacali, di tutti i lavoratori e delle loro famiglie, che, attraverso il commissario straordinario, da anni richiedono di fare chiarezza sull’individuazione dei responsabili di un disastro costato come tutte le risorse destinate alla ricostruzione del Vajont; ricordo - aggiunge Castro - come lo stabilimento di Mel di Acc fu edificato proprio per restituire vitalità economica e sociale alle terre straziate da quella tragedia».
IL LUNGO ITER GIUDIZIARIO
Nella lunga missiva, viene ricostruita l’incredibile iter giudiziario del fallimento, tra ricorsi, controricorsi, appelli, rigetti, interpretazioni diverse, atti spesso copia e incolla che hanno finito con il mettere il silenziatore ad ogni responsabilità seppur accertata in più perizie, compresa quella d’ufficio. Il dissesto da 450 milioni di euro, insomma, si sarebbe creato da solo. 
Le disgrazie dell’Acc, e dei suoi 300 lavoratori, purtroppo non sono finite, perché dopo quella devastante gestione arrivarono i cinesi che acquisirono il sito. L’avventura è durata cinque anni, poi l’addio sotto una montagna di debiti che ha riportato l’Acc sotto l’ala della gestione commissariale, ottenuta grazie ad un lavoro di cesello a livello istituzionale e procedurale. Diversamente avrebbe dovuto chiudere. Oggi che l’azienda ha ritrovato vigore produttivo sui mercati che contano, resta però ostaggio di un’Europa che non consente allo Governo italiano di concedere quegli aiuti di Stato indispensabili per superare le difficoltà di ripartenza. Si cercano altre strade di finanziamento. Intanto i lavoratori da oltre una settimana protestano occupando il municipio di Mel.
 

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