Il futuro verde del Giappone riparte da Fukushima.
L’obiettivo è promuovere un modello di business per sfruttare al massimo le possibilità offerte dall’idrogeno, sia come fonte di energia sia come bene oggetto di scambi commerciali, cerando di bilanciare offerta e previsioni di domanda. Il concetto di base: l’idrogeno è una risorsa fondamentale allo sviluppo sostenibile perché non produce emissioni di gas serra, può essere stoccato, trasportato ed esportato in tutto il mondo, può essere integrato ad altre risorse e utilizzato in vari campi. L’impianto si estende su 22 ettari e arriverà a produrre 180 kg di idrogeno all’ora. Ci sono una struttura per l’approvvigionamento dell’acqua e una per lo stoccaggio dell’idrogeno liquido, che poi viene trasportato in autobotti, e una centrale di controllo. Tutto è stato costruito secondo criteri antisismici una volta e mezza più sicuri di quelli degli edifici comuni. Il Giappone, nel dicembre 2017, è stato il primo Paese al mondo a lanciare una propria Strategia nazionale per l’idrogeno. Il piano giapponese punta a farne una risorsa a basso costo.
L’obiettivo è raggiungere un prezzo di 2,6 euro per kg entro il 2030 e 1,7 euro entro il 2050. «Arrivare nel 2050 a coprire il 18% della produzione energetica con l'idrogeno ottenuto con il solare, eliminando gas naturale e carburanti fossili nei trasporti: a questo pensa il Giappone, nel percorso verso zero emissioni», ha spiegato Ohira Eiji di Nedo. Sarà in particolare il settore dei trasporti a godere della transizione energetica. Entro il 2030, il Giappone, leader del settore, conta di arrivare a 800mila auto a idrogeno, oggi ne ha 6.500; e a 1.200 autobus a pila a combustibile rispetto ai 100 di oggi. Per garantire questi risultati, nell’arcipelago dovranno essere costruite almeno 900 stazioni di rifornimento per l’idrogeno, oggi ce ne sono 160.