Caro Direttore,
in questo momento terribile per l'economia, numerosi dipendenti che hanno il posto sicuro e ricevono la tredicesima e la quattordicesima fanno sciopero. E quando lo fanno? Il giorno 9 dicembre. Ora: il giorno 5 è sabato, il 6 è domenica, il 7 ponte, l'8 festa e ci attaccano un altro giorno di vacanza. Certo che il diritto allo sciopero è sancito dalla Costituzione della Repubblica, ma dove mettiamo l'etica e la morale? Viva l'Italia!
Gianfranco Bertoldi
Venezia Mestre
Caro lettore,
sui social gira in questi giorni un commento a firma di un dipendente pubblico, Manuele Braghero, che si autodefinisce comunista e che, come tale, è un po' difficile annoverare tra i nemici acerrimi del sindacato.
Parole semplici e chiare. Ma evidentemente non per i vertici dei sindacati confederali. La cui credibilità subirà l'ennesimo, duro colpo. La dichiarazione di questo sciopero generale dei dipendenti statali non è infatti solo un clamoroso errore politico e una scelta irresponsabile. È, proprio come dice Braghero, un'offesa a tutti i cittadini italiani. Soprattutto a coloro che a causa della crisi economico-sanitaria, a differenza dei garantiti dipendenti pubblici, hanno perso il posto di lavoro, rischiano di perderlo o sono costretti a dipendere dalla cassa integrazione. E che già normalmente fanno spesso fatica a godere di quei servizi pubblici di cui, come contribuenti, avrebbero diritto. Al 9 dicembre mancano ancora alcuni giorni. Possiamo sperare che da parte dei vertici del sindacato ci sia un sussulto di consapevolezza e di dignità e si decida di cancellare o almeno rinviare questo sciopero. Ma deve far riflettere che chi dovrebbe rappresentare i lavoratori, tutti i lavoratori, non colga almeno, in una fase come questa, lo stridente contrasto tra il destino e la condizione dei dipendenti pubblici e di quelli privati. Non credo sia tanto un problema etico-morale. E' un problema di senso di responsabilità e di inadeguatezza di classe dirigente.