Degni, il magistrato (contabile) "resistente" che confonde la militanza con il suo ruolo

Sabato 6 Gennaio 2024

Caro Direttore,
il magistrato contabile Marcello Degni avrebbe voluto far sbavare di rabbia il governo di Giorgia Meloni: insomma, a suo dire, la sinistra di opposizione doveva fare ostruzionismo contro la manovra finanziaria per causare l'esercizio provvisorio, salvo poi precisare che la critica non era contro la manovra in sé, ma contro il comportamento della opposizione stessa. Un caso di incontinenza politica da parte di un magistrato tra l'altro inaccettabile per il ruolo del soggetto, ma anche incredibile per il fatto di aver solo auspicato un danno gravissimo per il Paese solo per attaccare un governo che non rispecchia le sue idee politiche. Il Degni, a quanto risulta da altre sue tutt'altro che condivisibili esternazioni, almeno per come la penso io, è un simpatizzante del recentemente scomparso Toni Negri, già professore di filosofia politica all'Università di Padova e fondatore di Autonomia Operaia, il movimento che fu attivo assieme alle Brigate Rosse durante gli anni bui della Repubblica, quelli, cosiddetti, di piombo. Come mai un tale personaggio lavora alla Corte dei Conti?

Mauro Cicero
Mogliano Veneto (Treviso)


Caro lettore,
il magistrato contabile Marcello Degni lavora alla Corte dei Conti perché il governo guidato da Gentiloni lo ha nominato per ricoprire quell'incarico.

Una scelta dettata non solo dal profilo scientifico del professore ma certamente anche da quello politico: Degni era infatti un militante del Pd ed è un convinto sostenitore di posizioni di sinistra radicale a tal punto da aver definito in tempi recenti il quotidiano Il Manifesto come «il più bel giornale del mondo». Naturalmente che un magistrato della Corte dei conti abbia questo tipo di simpatie politiche, certamente non condivise da molti cittadini, o non disdegni di apprezzare pubblicamente Toni Negri, è del tutto legittimo. Sono le sue idee e convinzioni. Il problema nasce quando questo magistrato, incurante del suo ruolo, viene meno al dovere di imparzialità e di terzietà che lo dovrebbe caratterizzare ed esprime su un social opinioni sprezzanti contro il governo in carica usando toni triviali come quelli scelti da Degni. Come ormai noto il nostro magistrato, non nuovo ad uscite politicamente molto connotate, si è rammaricato in un suo post del fatto che l'opposizione sulla manovra di bilancio non abbia fatto "sbavare di rabbia" la maggioranza, costringendo l'esecutivo all'esercizio provvisorio. E dopo le inevitabili e ovvie polemiche che le sue parole hanno generato, ha replicato spocchioso e arrogante con un «resistere, resistere, resistere», degno di miglior causa. Di fronte a tutto ciò i casi sono due. Degni si sente innanzitutto un militante ed è convinto che il suo "credo" politico prevalga su tutto e ovviamente anche sui doveri di indipendenza, formale e sostanziale, che ogni magistrato dovrebbe avere. O più semplicemente Degni, come ha efficacemente scritto Michele Serra, non ha alcuna idea di cosa siano gli ambiti, i contesti, le differenze di ruolo e di luogo. Nell'uno come nell'altro caso sarebbe bene che si dedicasse ad altro. Non certo a fare il magistrato alla Corte dei Conti.

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