Israele, anche da noi c’è chi cerca di diffondere l’odio

Domenica 18 Ottobre 2015
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Egregio direttore,

le scrivo per sottoporle due domande che mi stanno molto a cuore sulla questione Palestina-Israele, senza voler minimamente parteggiare per l’una o l’altra parte. Ogni volta che mi trovo a transitare sul Terraglio, sul sovrappasso della tangenziale, nei pressi di Villa Salus, vedo con sempre molta amarezza quella scritta in rosso “Gaza resiste, Israele brucerà” tracciata sulla barriera fonoassorbente con le solite bombolette. Il tutto è accompagnato dal simbolo della falce e martello e dalla ben tristemente nota stella a cinque punte. Mi chiedo perché le autorità civili ed istituzionali preposte non intervengano mai a far cancellare tutte quelle scritte che inneggiano all’odio. Le chiedo anche perché in quei territori martoriati non sia possibile costituire una forza internazionale di pace, come si è visto nel vicino Libano ed in altre parti del mondo, che impedisca forzatamente il continuo riaccendersi di focolai di guerra in attesa che, invece di continuare a lanciare razzi sul nemico, venga capito che solo con la ragionevolezza si può garantire un futuro alle nuove generazioni?




Renzo Turato

Padova



Caro lettore,

credo ci sia poco da dire: quella scritta è un'indecenza ed è vergognoso che non venga cancellata. Purtroppo in alcuni settori dell'estremismo politico italiano cova un sentimento violentemente anti-israeliano: quelle parole o le bandiere con la stella di David bruciate in piazza ne sono la evidente dimostrazione. Ma va anche sottolineato che non sempre verso queste manifestazioni di pericolosa intolleranza, la reazione politica è energica e netta come dovrebbe essere. Purtroppo la Palestina vive un clima di perenne guerra latente e qualcuno anche da noi ritiene di dover indossare l'elemento e diffondere odio anziché agevolare un percorso di pace. A questo proposito: l'idea a cui lei fa riferimento di schierare una forza multinazionale in quell'area martoriata è stata più volte ipotizzata, ma il presupposto necessario per un intervento di peace kipping è l'esistenza di un accordo-base sulla soluzione del conflitto tra israeliani e palestinesi e sulla divisione dei territori. Accordo che purtroppo continua a mancare e che, anzi, appare sempre più lontano.

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