Ai profughi non va chiesta gratitudine ma rispetto

Martedì 12 Luglio 2016
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Egregio Direttore,
ho letto sul Gazzettino di Domenica scorsa che ad Oderzo i " richiedenti asilo" hanno occupato le vie del centro protestando per le troppe persone ed il poco spazio fra un letto e l'altro ed altre varie lamentele fra le quali la mancanza del wi-fi. 

Ma questi signori, dopo essere stati salvati in mezzo al mare, provenienti da paesi dove sicuramente la promiscuità e gli spazi ristretti sono la quotidianità, alloggiati, sfamati e con qualche euro in tasca, non si rendono conto che l'Italia non è il paese del bengodi e adesso che sono qui non tutto gli è dovuto? Quanti sono i nostri concittadini che vorrebbero essere alloggiati, nutriti e con il pocket money per le sigarette piuttosto che vivere sotto un ponte od occupare abusivamente alloggi chiusi? E' giusta l'accoglienza, ma chi viene accolto dovrebbe essere quantomeno grato a chi lo accoglie e lo ospita. 


Augusto Verza
Treviso



Caro lettore,
non credo che vivere ammassati in una ex caserma sia per nessuno una condizione invidiabile. Ma stiamo parlando di stranieri che, nella maggior parte dei casi, sono state salvati ed accolti dallo Stato italiano che provvede a alloggiarli e a sfamarli, con un costo giornaliero di oltre 30 euro a testa. Tra l’altro, la maggior parte di loro, per le leggi internazionali, non avrebbe neppure il diritto a tutto questo, visto che non dispone dei requisiti necessari per essere considerato un rifugiato politico. Ebbene, tutto potremmo attenderci da questi “richiedenti asilo”, ma non che inscenino proteste (nella maggior parte dei casi del tutto ingiustificate) per la qualità del cibo, i giacigli scomodi, il caldo eccessivo o l’assenza di wi-fi. A tutto c’è un limite: non sono venuti in Italia in vacanza, ma perchè in fuga dai loro Paesi dove, dobbiamo ritenere, le condizioni e le prospettiva di vita non fossero particolarmente esaltanti. Ora sono qui: qualcuno sarà alloggiato e mangerà meglio, altri peggio. Ma sono vivi, hanno trovato un Paese che li ospita e con la possibilità di dare un nuovo futuro alle loro esistenze. Per tutto ciò non si pretende gratitudine. Ma rispetto, quello sì.
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