Sono diminuite di oltre il 60% durante i periodi di picco della pandemia le prescrizioni di farmaci anticoagulanti. A metterlo in luce è una ricerca dei professori Giuseppe Ambrosio e Paolo Reboldi, del Centro di ricerca clinica e traslazionale, Cericlet del Dipartimento di Medicina e chirurgia dell'Università degli Studi di Perugia. Insieme ai colleghi di altre strutture, i ricercatori dell'Ateneo umbro - si legge in una sua nota - hanno analizzato l'intero Registro nazionale istituito da Aifa per monitorare le prescrizioni di farmaci anticoagulanti, impiegati per il trattamento di patologie quali la fibrillazione atriale e la trombosi venosa, per prevenire il rischio di embolie gravi e potenzialmente fatali.
Dalla ricerca, pubblicata sulla rivista European journal of preventive cardiology, organo ufficiale della Società europea di cardiologia, emerge che la diminuzione delle prescrizioni di anticoagulanti è stata rilevata sull'intera popolazione italiana che normalmente accede a queste cure (oltre 1.5 milioni di pazienti), e si è mostrata «particolarmente eclatante» nelle classi di età più avanzate. Secondo i ricercatori questa situazione ha esposto quei pazienti ad un rischio «molto maggiore di complicanze gravi, e potenzialmente fatali».