Infarto e stress, donne più a rischio: sintomi depressivi nel 40% delle pazienti nella fase acuta della malattia

Una ricerca del Sara Ross Center di New York ha analizzato il legame tra il malessere della psiche e l’infarto nel sistema cardiovascolare femminile

Martedì 12 Dicembre 2023 di Antonio G. Rebuzzi*
Infarto e stress, donne più a rischio: sintomi depressivi nel 40% delle pazienti nella fase acuta della malattia

Qualche giorno fa Roberto Scarnecchia, ex calciatore di Roma, Napoli e Milan negli anni 70, ha rischiato di morire a causa di un infarto miocardico insorto all’improvviso. Tra le cause citate dallo stesso calciatore figura lo stress. Ed effettivamente l’associazione tra stress, depressione e malattie coronariche è conosciuto da tempo.

Il rapporto tra fattori psico-sociali e cardiopatie è stato documentato così come è provato il ruolo che tale rapporto gioca in particolare tra le donne.

L’OSTRUZIONE

In uno degli ultimi numeri della rivista Journal of American College of Cardiology, Anais Hausvater ed i suoi collaboratori del Sara Ross Center for Women’s Cardiovascular Research di New York hanno analizzato l’importanza dello stress e dei fattori psico-sociali in donne con infarto miocardico secondario o meno ad ostruzione delle arterie coronariche (quelle che portano il sangue al cuore).

LO STUDIO

Sono state studiate circa 500 donne con infarto acuto, due terzi delle quali avevano un’ostruzione coronarica ed un terzo in cui, essendo le coronarie aperte, molto probabilmente l’infarto era stato causato da uno spasmo prolungato delle stesse arterie o da una patologia del microcircolo coronarico. In tutte, utilizzando appositi test di valutazione, è stato misurato il grado di stress percepito nonché i sintomi indicativi di depressione sia nel momento dell’evento acuto, sia a distanza di due mesi dall’infarto, quando cioè il pericolo maggiore era passato.

I DATI

Dai risultati osservati si rileva che vi è un’alta prevalenza di stress percepito nonché di sintomi depressivi nelle donne con infarto miocardico, indipendentemente dal fatto che le arterie coronariche fossero occluse o aperte.
Alti livelli di stress si sono infatti riscontrati rispettivamente nel 63% e nel 51% dei soggetti esaminati in fase acuta a confronto dei soggetti sani in cui relativamente elevati livelli di stress percepito si ritrovano nel 30% delle persone. Tali percentuali rimanevano relativamente alte anche a due mesi dall’evento acuto.

GLI ORMONI

I sintomi depressivi si riscontravano nel 40% circa degli infarti in fase acuta e non si riducevano a due mesi in entrambi i tipi di infarto. Quasi a voler significare che la depressione è una componente che caratterizza una discreta percentuale di soggetti che hanno un infarto. Ma è comunque un sottofondo psicologico che esiste indipendentemente dall’evento acuto e che persiste anche a distanza di tempo. L’associazione tra fattori psico-sociali ed infarto miocardico è complessa, ed è legata sia a meccanismi diretti (quali l’incremento degli ormoni adrenergici, l’aumento di fattori infiammatori, o la reattività piastrinica) che indiretti (stili di vita ed alimentazione non salutari).

LO SCREENING

Ed inoltre non esistono prove certe dell’efficacia terapeutica degli interventi psicologici. L’alto livello di stress e di sintomi depressivi nei pazienti infartuati, documentato in questo studio, evidenzia l’importanza dello screening per queste patologie come parte di un corretto iter di prevenzione cardiovascolare.

*Professore di Cardiologia all'Università Cattolica, Roma

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