Tasi, aumenti certi per le seconde
case, a rischio quelle di basso valore

Domenica 2 Marzo 2014 di Luca Cifoni
Tasi, aumenti certi per le seconde case, a rischio quelle di basso valore
Incrementi di imposta quasi certi per le seconde case e gli altri immobili in genere, risparmi anche sostanziosi per le abitazione principali di valore catastale medio e alto, teorica clausola di garanzia per quelli di valore basso. E un quadro legislativo ancora una volta complicato da applicare. Per la Tasi, la tassa sui servizi indivisibili, è questo lo scenario che si prospetta con il decreto approvato venerdì dal governo, dopo il quale l’assetto del nuovo tributo dovrebbe risultare finalmente completato. Ma non è improbabile che ulteriori aggiustamenti o precisazioni possano arrivare durante l’iter parlamentare del provvedimento. La prima scadenza di pagamento è fissata con tutta probabilità al 16 giugno, anche se i Comuni hanno la possibilità di fare scelte diverse.



GLI ENTI LOCALI

E proprio dalle decisioni che saranno prese a livello locale dipenderà il conteggio della convenienza per il singolo contribuente. Per quanto riguarda le abitazioni principali, si può dire fin d’ora che la maggior parte di esse pagheranno almeno nel 2014 un’imposta più bassa rispetto all’Imu versata due anni prima, anche se l’aliquota dovesse essere portata al livello massimo del 3,3 per mille (2,5 più tutto il margine aggiuntivo). I Comuni che faranno scattare l’ulteriore aumento dello 0,8 per mille, comunque distribuito tra le due tipologie di immobili, saranno però obbligati a prevedere «detrazioni d’imposta o altre misure» che rendano il carico fiscale della Tasi non maggiore di quello dell’Imu. Nelle intenzioni dell’esecutivo questa dovrebbe essere una sorta di clausola di garanzia nei confronti di quei proprietari di casa con il precedente regime non versavano l’imposta municipale o comunque versavano importi molto bassi.



REBUS DA SCIOGLIERE

Il punto è che l’applicazione concreta di questo principio non sarà facile. Nelle trattative tra ministero dell’Economia e Anci era stato ipotizzato un importo medio della detrazione pari a 75 euro: ma questa somma non salverebbe da un aggravio, seppur limitato, le case catastale molto contenuto, con rendita al di sotto dei 400 euro. Per assicurare una tutela piena le amministrazioni comunali dovrebbero forse prevedere detrazioni di importo decrescente al crescere della rendita, ma un meccanismo del genere è tutt’altro che immediato e presenterebbe difficoltà anche per i contribuenti.



È invece molto probabile che molti sindaci sceglieranno di applicare il possibile ulteriore aumento prevalentemente o completamente sugli immobili diversi dall’abitazione principale. In questo caso si continuerà a pagare anche l’Imu ma il tetto per le due imposte (l’aliquota base della Tasi è l’1 per mille) sarà dato dal precedente massimale sull’Imu, quindi 10,6 per mille più l’eventuale 0,8 per mille. In questo caso, ad esempio su una seconda casa con rendita catastale di 1.600 euro, l’aggravio sarebbe di oltre 200, nell’ipotesi che il Comune avesse già lo scorso anno esaurito lo spazio di imposizione sull’Imu. Va ricordato poi che su queste abitazioni dovrà essere pagata anche l’Irpef (sebbene al 50 per cento) che in precedenza era assorbita nell’Imu.



Il testo del decreto contiene poi altri ritocchi: ad esempio salta l’esenzione per le aree scoperte e quelle comuni condominiali come cortili giardini e parcheggi, che dunque saranno soggette a Tasi a meno che la relativa rendita fosse già inclusa in quella degli immobili.
Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 07:23

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