Meloni lascia Giambruno, la difesa delle istituzioni dietro la scelta della premier

Il metodo con cui ha chiuso la vicenda personale ricalca quello dell'azione politica

Sabato 21 Ottobre 2023 di Mario Ajello
Giorgia Meloni e Andrea Giambruno

La tempestività della reazione di Giorgia Meloni, la velocità con cui ha chiuso il caso Giambruno - al netto del dolore personale insito in questa vicenda - hanno a che fare con il metodo che lei ha scelto di adottare da quando ricopre il ruolo di capo del governo. Si è sempre premurata di difendere le istituzioni che rappresenta, di non degradarne l'immagine (che è sostanza) e di tenerle nel rango di autorevolezza che appartiene o dovrebbe appartenere loro. E in queste ore Meloni si è mossa con prontezza proprio per evitare che Palazzo Chigi e chi temporaneamente ne è titolare venissero trascinati chissà per quanto tempo in un gioco di pettegolezzi e di attacchi politico-personali, esercizio dannosissimo per l'interesse del Paese e distraente rispetto alle sue tante urgenze.

La dignità della cosa pubblica come preoccupazione primaria, ossia il bisogno di tutelarla, l'ansia di non vederla calpestata mettendo l'Italia sui carboni ardenti agli occhi di tutto il mondo, facendola cuocere a fuoco lento sulla griglia di chi continua a volerci considerare un Paese pittoresco: questo ha spinto Meloni, con un'iniziativa via social clamorosa e inedita, ad annunciare subito la fine del suo rapporto familiare e a togliere dalla scena un'arma politico-mediatica capace non solo di offendere lei ma di degradare, colpendone la figura apicale, lo standing generale del nostro sistema.

Come ha agito Giorgia Meloni

Dunque Meloni ha agito con prontezza e severità, a costo di sacrificare magari convenienze private sull'altare del bene pubblico. La difesa delle istituzioni, che prevale sugli interessi personali o di parte, è del resto il criterio che il capo del governo applica in tutta una serie di questioni. Basti pensare, e non è stata una decisione presa a cuor leggero, allo sprint con cui - per scongiurare lo spettacolo poco edificante del consueto assalto parlamentare alla diligenza, oltretutto in assenza di chissà quale bottino - è stata annunciata l'inemendabilità della manovra finanziaria. Meloni si è presa il rischio dell'impopolarità politica ma ha probabilmente ottenuto la comprensione da parte dei cittadini, interessati per lo più a che non si perda tempo e a che si facciano le cose. Ha scelto insomma un gesto forte pur di garantire una presentabilità e un'operosità istituzionale che, se pasticciate nel bailamme di emendamenti, contro-emendamenti, sub-emendamenti, maxi-emendamenti e altre dinamiche di Palazzo, si sarebbero perdute senza alcun vantaggio generale. Anzi, a tutto detrimento del senso dello Stato che merita di essere soverchiante rispetto a tutto. Comprese - e qui torniamo al caso Giambruno e al messaggio lampante che Meloni ha voluto dare in proposito - le vite private di chi è stato chiamato a dirigerlo. Oltretutto, il rigore adottato da Meloni in questa circostanza fa parte profondamente del suo modo di intendere il suo ruolo politico. È quello dell'assoluto contegno; del non far parlare di sé, e possibilmente del mondo partitico e governativo che sta guidando, per vicende che esulano dallo svolgimento pratico dell'attività dell'esecutivo; del mostrarsi concentrati sulle cose che contano; dell'ansia di voler essere altezza di un compito enorme (lo ripete sempre ai suoi: non diamo spettacolo e lavoriamo) e di studiare continuamente per svolgerlo al meglio. Questo schema auto-imposto, fatto di discrezione e serietà, Meloni vorrebbe che appartenesse anche a chi la circonda. Con Giambruno non ci è riuscita e la questione travalica i fatti personali, sennò non staremmo a parlarne. 

Ultimo aggiornamento: 10:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci