MESTRE E’ un riso amaro quello che nasce dallo spettacolo di Moni Ovadia.
Le riflessioni che danno sostanza alla sua proposta, pur basate su tante interessanti scene bibliche e sulla storia dell’ebraismo, alla fine abbracciano anche temi contemporanei. Significativa, in tal senso, è l’analisi sulla tendenza contraddittoria dell’uomo a festeggiare il crollo dei muri per poi pensare di erigerne altri di nuovi. Ma anche il ragionamento sul valore dell’esilio non è da meno.
Sabato, al teatro Corso, Moni Ovadia ha presentato “Dio Ride – Nish Koshe” progetto che, a 25 anni di distanza, trae ispirazione dal suo primo “Oylem Goylem” dove il vecchio ebreo errante Simkha Rabinovich e i suoi compagni di strada propongono nuove storie alla ricerca di un divino ineffabile, tra umorismo e riflessione drammatica. Tra canzoni della tradizione klezmer e l’immancabile ironia sugli ebrei in perenne conflitto con i rabbini.
Si tratta di pagine alla fine molto divertenti che si sovrappongono, poi, all’analisi politica che vede l'attore-cantante duramente criticato per la sua instancabile difesa del popolo palestinese in lotta per un futuro migliore.
E qui, proprio a fine serata, a sorpresa Moni Ovadia è risalito sul palco del teatro Corso per ringraziare gli organizzatori affermando, con evidente amarezza, che diversi Comuni non hanno voluto accogliere lo spettacolo e che molti lo stanno boicottando proprio per queste sue posizioni politiche. «In ogni caso - ci confida alla fine dello spettacolo comunque soddisfatto per la calorosa accoglienza del pubblico - sono un tipo combattivo e vado avanti per la mia strada».
Ultimo aggiornamento: 18:09
© RIPRODUZIONE RISERVATA Le riflessioni che danno sostanza alla sua proposta, pur basate su tante interessanti scene bibliche e sulla storia dell’ebraismo, alla fine abbracciano anche temi contemporanei. Significativa, in tal senso, è l’analisi sulla tendenza contraddittoria dell’uomo a festeggiare il crollo dei muri per poi pensare di erigerne altri di nuovi. Ma anche il ragionamento sul valore dell’esilio non è da meno.
Sabato, al teatro Corso, Moni Ovadia ha presentato “Dio Ride – Nish Koshe” progetto che, a 25 anni di distanza, trae ispirazione dal suo primo “Oylem Goylem” dove il vecchio ebreo errante Simkha Rabinovich e i suoi compagni di strada propongono nuove storie alla ricerca di un divino ineffabile, tra umorismo e riflessione drammatica. Tra canzoni della tradizione klezmer e l’immancabile ironia sugli ebrei in perenne conflitto con i rabbini.
Si tratta di pagine alla fine molto divertenti che si sovrappongono, poi, all’analisi politica che vede l'attore-cantante duramente criticato per la sua instancabile difesa del popolo palestinese in lotta per un futuro migliore.
E qui, proprio a fine serata, a sorpresa Moni Ovadia è risalito sul palco del teatro Corso per ringraziare gli organizzatori affermando, con evidente amarezza, che diversi Comuni non hanno voluto accogliere lo spettacolo e che molti lo stanno boicottando proprio per queste sue posizioni politiche. «In ogni caso - ci confida alla fine dello spettacolo comunque soddisfatto per la calorosa accoglienza del pubblico - sono un tipo combattivo e vado avanti per la mia strada».