I trafficanti cambiano le rotte e crollano gli arrivi dei siriani

Mercoledì 9 Settembre 2015 di Marco Ventura
I trafficanti cambiano le rotte e crollano gli arrivi dei siriani
ROMA - I magistrati li mettono sotto torchio, le navi da guerra si preparano a intercettarli in alto mare e loro, i trafficanti di esseri umani, si adeguano e giocano d'anticipo, cambiando rotta. «Il cambiamento è evidente per i siriani, drasticamente ridotti rispetto a un anno fa», conferma Viviana Valastro, responsabile protezione minori migranti di Save the Children, che attribuisce la riduzione a un mix di fattori. È vero che «sulla base dell'esperienza e di quello che riferiscono i migranti, negli sbarchi quelli che poi vengono perseguiti spesso non sono gli organizzatori dei viaggi, ma quelli incaricati dai trafficanti di traghettare l'imbarcazione da una costa all'altra in cambio di uno sconto sul “biglietto”».

Ma è anche vero che da giugno a oggi, solo in Sicilia, sono stati oltre cento gli arresti grazie alle indagini di sette magistrati coordinati dal Procuratore aggiunto di Palermo, Maurizio Scalia. In diverse intercettazioni, non ancora agli atti, i criminali si scambiano preoccupazioni sul giro di vite della magistratura. In una di queste, in sintesi, dicono che «ne hanno arrestati ancora, meglio cambiare e andare via terra». Preoccupazione pure per le condanne inflitte ad alcuni scafisti, come i trent'anni di carcere per il somalo Mohamud Elmi Muhidin, 34 anni, che aveva gestito la tratta di eritrei su un'imbarcazione naufragata al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013 (366 morti).



LA BATTAGLIA

Secondo gli investigatori, il cambio di rotta verso i Balcani, dalla Grecia all'Ungheria, sarebbe anche frutto del duello a distanza fra criminali in Libia e magistrati in Sicilia. «Nulla si può escludere. D'altro canto ci sono anche il peggioramento delle condizioni in Libia – dice Viviana Valastro - più altre circostanze come gli oltre 160mila siriani arrivati da Aleppo in Turchia il 30 settembre 2014 e parzialmente approdati a Capodanno in Calabria su mercantili carichi di 7-800 persone. Quello che vediamo oggi è un transito su Atene e poi la traversata verso l'Ungheria».



I numeri sono numeri, la fonte il ministero dell'Interno. Nel periodo da gennaio al 31 agosto di quest'anno sono arrivati via mare, in Italia, 6.710 siriani rispetto ai 23.941 dello stesso periodo del 2014. Si sono ridotti a meno di un terzo. In particolare, le donne sono passate da 3872 a 1086, i minori addirittura da 6911 (697 dei quali soli) a 1821 (579 i non accompagnati).



LE NUOVE STRADE

«Senza il cambio di rotta, i siriani avrebbero preso la via del mare. Invece hanno affrontato il viaggio nei Balcani, insieme agli afghani che già erano su quel corridoio. La riduzione del numero di siriani sbarcati in Italia – osserva Viviana Valastro - corrisponde all'aumento in Grecia». In numeri assoluti e a dispetto della recrudescenza della guerra dell'Isis in Siria, gli arrivi totali del 2014 equivalgono a quelli del 2015 fino al 31 agosto (112.687 rispetto a 116.149). Una mancata impennata dovuta proprio alla nuova strategia balcanica. Inoltre, sono diminuiti in termini assoluti i minori via mare (9962 nel 2014, 8285 nel 2015). Si contano invece aumenti tra i sub-sahariani che non hanno alternative all'esodo dal Nord Africa, specie dalla Libia. Impressionante il numero di eritrei (30.708 nel 2015, e 28.557 un anno fa) e soprattutto dei fuggiaschi dalla Nigeria quasi triplicati (da 5861 a 15.113), dalla Somalia più che raddoppiati (8790 rispetto a 3646) e da Paesi dei quali poco di parla, come il Bangladesh (5015 nel 2015, 2490 l'anno scorso). Eritrei sono poi la gran parte di minori non accompagnati (2970 nel 2014, 2421 quest'anno).

Quattro dei sette magistrati dedicati alla tratta e al traffico di esseri umani appartengono alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, dalle ultime inchieste sarebbero emersi collegamenti tra gli scafisti e gruppi paramilitari forse affiliati all'Isis operanti in Libia. Tra i nomi spicca quello di Ghermay Hermias, un etiope che vive in Libia, ritenuto il boss delle tratte, ma anche il sudanese John Mharay. Hermias, in un'intercettazione, dice che «con l'ultimo sbarco ho raccolto un milione di dollari». Contro di lui, un mandato di cattura internazionale.
Ultimo aggiornamento: 08:23

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