Comuni, per uno su due scatta l’allarme conti: il 70% nel Nord Italia

Inflazione, rinnovo dei contratti e stop ai fondi statali: in bilico 4.000 municipi

Venerdì 15 Marzo 2024 di Andrea Bassi
Comuni, per uno su due scatta l’allarme conti: il 70% nel Nord Italia

Nel prossimo futuro un sindaco su due rischia di dover fare i conti con una crisi finanziaria della sua città.

I primi cittadini di oltre 4 mila Comuni potrebbero trovarsi difronte alla difficile scelta di dover tagliare i servizi per tenere in piedi i conti della loro città. A suonare l’allarme in Parlamento, è stato Alessandro Canelli, sindaco di Novara e presidente dell’Ifel, la Fondazione dell’Anci che si occupa di finanza locale. Per molti Comuni, ha spiegato davanti alla Commissione bicamerale sul federalismo fiscale, «è fortemente a rischio la tenuta di bilancio». Come è possibile che ci sia un numero così alto di municipi che potrebbe finire in crisi finanziaria?

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La colpa, secondo Canelli, è del sistema perequativo orizzontale che nei prossimi cinque anni andrà definitivamente a regime. Di cosa si tratta è presto detto. I Comuni più ricchi, quelli che hanno una capacità fiscale maggiore, ossia sono in grado di raccogliere più tasse dai propri cittadini, “donano” una parte delle proprie entrate ai Comuni più poveri, quelli cioè che hanno una minore capacità fiscale e che, dunque, non riescono a finanziare i servizi solo con le proprie forze. Ma la verità, ha spiegato Canelli, è che ormai, dopo il balzo dell’inflazione, la crisi energetica e i rinnovi dei contratti dei dipendenti locali (che sono a carico degli stessi Comuni) neanche i più ricchi ce la fanno più a finanziare per intero i servizi per i propri cittadini. Andrea Ferri, direttore della finanza locale di Ifel, ha spiegato che nel complesso, per tutti i Comuni, c’è uno sbilancio negativo di 6-7 miliardi di euro tra la capacità fiscale e i fabbisogni standard. Si tratterebbe insomma, delle risorse mancanti per finanziare per intero i servizi erogati. Fino ad oggi il “contributo” dei Comuni più ricchi verso quelli più “poveri” si è limitato al 50 per cento delle risorse, ma entro il 2030 dovrà salire fino al 100 per cento. Non solo, da quest’anno, lo Stato non rimborserà più nemmeno la quota dei fondi tagliati ai Comuni con le vecchie spending review e che, di fatto, indennizzavano quasi del tutto i Comuni più ricchi delle perdite per gli aiuti a quelli più poveri. 


Cosa accadrà dunque? «Si prevede», ha spiegato Canelli, «che un gran numero di Comuni, 4.037 su circa 6.600 delle Regioni a statuto ordinario, dovrà nel prossimo quinquennio privarsi di 650 milioni affinché il meccanismo perequativo possa giungere a regime». Quasi il 70 per cento di questi Comuni, secondo le stime dell’Ifel, si colloca nel Nord del Paese. E di questi, la metà è formata da enti fino a mille abitanti. «Appare significativo», ha aggiunto ancora Canelli, «che tra i Comuni penalizzati figurino in totale circa 780 Comuni del Sud con una perdita complessiva di 170 milioni di euro, pari al 26 per cento della perdita complessiva stimata».Il sistema, insomma, tenderebbe a penalizzare i Comuni di piccole dimensioni e quelli più grandi, favorendo invece i centri medi, quelli con una popolazione tra i cinquemila e i 60 mila abitanti. 
«I sindaci», spiega ancora Canelli, «rischiano di trovarsi in forte difficoltà, con un quadro dei costi in costante aumento e dall’altro lato con delle entrate rigide, che non è semplice aumentare. Anche quelli che oggi “donano” risorse, potrebbero dunque trovarsi nella necessità di dover tagliare servizi ai propri cittadini per mantenere gli equilibri di bilancio». 


IL PASSAGGIO
Come se ne esce? La richiesta è che della perequazione si faccia carico anche lo Stato, come del resto ha spiegato lo stesso Canelli, è previsto dall’articolo 119 della Costituzione. Dovrebbe essere cioè il ministero dell’Economia a mettere direttamente delle risorse per riequilibrare i conti dei Comuni. E proprio ieri si è tenuto al Tesoro un incontro tra la sottosegretaria all’Economia Sandra Savino, quella all’Interno, Wanda Ferro, e le rappresentanze di Anci e Upi. Il tavolo di confronto, richiesto nell’ambito della Conferenza stato-città ed Autonomie locali è considerato «un passo decisivo verso il rafforzamento del dialogo e della collaborazione tra il governo e gli enti locali». È stata infatti «accolta con favore la richiesta di rendere permanente il tavolo di confronto, sottolineando l’importanza di un dialogo costante e costruttivo». La discussione ha toccato temi cruciali, tra questi la necessità di tempi adeguati per la perequazione nell’ambito del Fondo di solidarietà comunale, e l’urgenza di migliorare la capacità di riscossione da parte degli enti locali. Per Savino e Ferro c’è un interesse comune nel trovare soluzioni efficaci che rispondano alle esigenze delle comunità locali e contribuiscano al miglioramento della gestione finanziaria e amministrativa degli Enti locali, con «un percorso condiviso che porti a risultati concreti e duraturi». 
 

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