VENEZIA - Due tizi tristissimi che vendono scherzi e giocattolini porta a porta (Siamo nell’industria del divertiment). Una vecchina che sta per tirare le cuoia ma non molla la borsa con i gioielli di famiglia nemmeno sul letot d’ospedale. Un signore che da 60 anni va a bersi un grappino nello stesso bar, ed ecco che di colpo siamo nel 1943, c’è la guerra, la barista esce da dietro il bancone e canta una canzone mesta e irresistibile che fa venir giù la Sala Grande di Venezia dal ridere e prende un lungo applauso a scena aperta. Il “Piccione” dello svedese Roy Andersson, noto finora a pochi frequentatori di festival, è la prima vera grande sorpresa del concorso. Un film-Ufo, che sposa uno humour molto scandinavo a inquadrature fisse con tagli e luci alla Hopper (ma Andersson cita anche Bruegel il Vecchilo e Otto Dix). Esilarante e sapiente. Impassibile e terribile. Si ride molto, ma ogni quadro racconta una sconfitta. Non per questo, auguriamoci, non vincerà qualcosa alla Mostra.
Ultimo aggiornamento: 09:28
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