La maschera che indossa da sempre non copre solamente il volto, ma un mondo intero. Nel quale convivono riferimenti al sesso e agli stupefacenti, moda, attivismo, impegno politico e film trash degli Anni 80 e 90 (nel 2019 per la copertina dell'album Paprika citò la locandina di Bambola del maestro dell'eros Bigas Luna, con una giovanissima Valeria Marini; per il singolo Miriam si è ispirata a Miriam si sveglia a mezzanotte di Tony Scott). Non a tutti è consentito di esplorarlo, quel mondo. Depistaggi, risposte fuorvianti, provocazioni: Myss Keta non abbassa mai la guardia.
Quale?
«Mi sono buttata sul post-punk. È come se Giovanni Lindo Ferretti incontrasse la trap. In parte mi sono ispirata anche ai Verdena, agli Afterhours, ai Marlene Kuntz, tra suoni storti e atmosfere dark. Mi piacciono i loro testi, sono immaginifici: ti descrivono sensazioni fisiche usando delle parole strane».
Ha chiesto a Manuel Agnelli, Alberto Ferrari e Cristiano Godano se pensano la stessa cosa di quelli dei suoi brani?
«Non ancora. Ma questa intervista può essere un buon inizio».
Qual è quella che non può mancare nella scaletta del suo concerto?
«Mi sta chiedendo un'anticipazione birichina?».
No, le sto chiedendo qual è la sua canzone più conosciuta.
«Parlano i dati sulle piattaforme di streaming: Pazzeska conta su Spotify più di 9 milioni».
Uscì due anni fa: non le dà fastidio essere conosciuta ancora per quel pezzo?
«Non ho avuto ancora una hit, è vero. Ma il mio repertorio è vasto: chi vuole approfondire trova la sostanza».
Cosa di lei dovrebbe incuriosire il pubblico?
«Magari la videografia. Mi sono sempre divertita a stuzzicare, provocare».
Ha vinto un solo Disco d'oro in 8 anni: Myss Keta è un fenomeno discografico o di costume?
«Spero entrambi. Una cosa è certa: da Milano, sushi & coca del 2013 in poi con i miei pezzi ho smosso le acque del pop italiano».
Sta dicendo di aver avuto un impatto?
«La musica non sarebbe stata la stessa, senza di me. La cosa bella è che un personaggio così surreale abbia prodotto cose reali, vere e pragmatiche».
Tipo?
«Il video de Le ragazze di Porta Venezia, un manifesto di sorellanza e girl power con il quale nel 2019 ho radunato tantissime amiche e colleghe. È stato un evento importante».
Se lo dice da sola?
«Sì, mi piace riconoscere quello che ho fatto».
E dal punto di vista musicale cosa ha portato di nuovo?
«Ho mischiato rap, elettronica e pop. Sono curiosa di scoprire cosa resterà di questo progetto».
Si è data una scadenza?
«No. Ma mi immagino gli adolescenti del futuro che cercheranno su Wikipedia: chi era Myss Keta?».
Anche il gruppo che l'accompagnerà in tour, i DPCM, è tutto al femminile: ci sono LIM (Sofia Gallotti), Giungla (Emanuela Drei) e Danila Guglielmi. Nel suo team di lavoro ci sono più donne o uomini?
«La correggo: LIM ora è un ragazzo, quindi è una band mista. Ad ogni modo, la mia squadra è un 50 e 50».
Del ddl Zan cosa ne pensa?
«È fondamentale, nel 2021».
Il monologo contro il politically correct di Pio e Amedeo?
«Non l'ho trovato per niente grazioso».
Myss Keta è politically correct?
«Io sono politica. Se corretta o scorretta lo decide chi mi ascolta. Sono contraria all'idea che un cantante debba solo cantare. È stato coraggioso Fedez al Primo Maggio. È bene che nel pop ci siano personaggi come lui, Emma, Elodie, Michele Bravi, che sui palchi portano dei valori, dei messaggi».
A Celebrity Hunted come se l'è cavata?
«Girare mascherata per non farmi riconoscere non è stato difficile: per me è pane quotidiano. Uno dei momenti più divertenti è stato quando insieme a Elodie abbiamo fatto sposare Achille Lauro e Boss Doms».
Altre proposte dalla tv?
«Sono una donna elegante e della vergine: non parlo».