Chiara Pavan
CHIARA LETTERA di
Chiara Pavan

Servillo, il teatro come spazio di verità
«Per ridare voce a poesia e immaginazione»

Giovedì 26 Gennaio 2023 di Chiara Pavan
Toni Servillo in scena al Piccolo di Milano con "Tre modi per non morire"

La forza dirompente dell’immaginazione, la potenza liberatoria della poesia. E il teatro spazio unico in cui si rivela la verità della vita. “Tre modi per non morire”, per non soccombere nella caverna incatenati alle ombre delle nostre paure, per non smarrirci nella “selva oscura” di un presente rassegnato e vuoto che non sa più distinguere nulla, ostaggio di totem digitali e di un “io” diventato specchio di egoismi insaziabili. Toni Servillo non ha paura delle parole, vuole nominare “l’indicibile”, proprio come facevano i greci che a teatro sapevano dare forma anche all’orrore. E col suo potente “Tre modi per non morire”, firmato dal filosofo e scrittore Giuseppe Montesano, in scena al Piccolo di Milano nell’“arena” magica e raccolta dello Studio Melato, l’attore accompagna il pubblico in un viaggio di risveglio dell’anima che intreccia le domande di Baudelaire alle riflessioni di Dante nei suoi incontri nella Commedia, approdando al “fuoco sapiente” dei Greci, capaci di inventare il pensiero moderno, di costruire l’Europa ora persa in una «interminabile notte della ragione». Una notte popolata di “morti viventi”, di “facce senza sguardi” immerse nei propri “fantasmi elettronici”, “scimmie” costrette soltanto a imitare gli altri, a desiderare per godere, a vivere per possedere merci e denaro.

LO SGUARDO

Servillo fa vibrare le parole di Montesano scegliendo con attenzione la sua messa in scena: niente palco, scene o fondali, ma solo con un microfono e un testo sul leggio, l’artista si piazza quasi in mezzo al pubblico, come in una antica agorà dentro cui stabilisce una coincidenza emotiva e intellettuale con gli spettatori. Tutti restano esposti alla forza, alla verità di un parola evocatrice che dà corpo alle tre “stazioni” del testo di Montesano, “Monsieur Baudelaire, quando finirà la notte”, “Le voci di Dante” e “Il fuoco sapiente” (editi da Bompiani), in un fitto intreccio di riferimenti e rimandi. Tre momenti diversi per ritmo e tono, ma anche per colori e rimandi musicali, che Servillo domina con sicurezza, guidando un viaggio nella poesia come forma possibile della vita. Un viaggio che vuol essere un antidoto alla paralisi del pensiero, “al feudalesimo digitale” e alla non vita che ci ingoia. Ma in un mondo in cui “gli ignoranti esaltano i potenti”, c’è ancora spazio per liberare l’immaginazione? Se la tecnica atrofizza l’anima, se tutto ciò che non è venerazione del dio denaro viene bandito, cosa rimarrà della vita? «Morireremo per ciò che abbiamo creduto di vivere?”. Quando è che siamo diventati come gli ignavi di Dante?»

 

LE STELLE

Persi nella selva oscura, smarriti in una “trappola per topi” che ci si spinge a odiare, a combattere, a non pensare, a ribadire sempre “solo io, solo mio”, ci trasformiamo in “ignavi” infernali, gente che ha scelto di “non fare né bene né male”. «La loro indifferenza, per Dante, è imperdonabile» ribadisce Servillo. “Morti in vita” come gli uomini d’affari che trattano gli altri uomini come immondizia, morti in vita che pensano i pensieri di tutti, che invocano la rovina degli altri, che non vivono «per mancanza di coraggio». Servillo si muove così verso il mondo dei Greci: diventa “corpo”, azione drammaturgica capace di evocare mondi, immagini, idee. Dietro di lui, il palco si illumina segnando un ulteriore passaggio nella storia, paradossalmente a ritroso nel tempo dove tutto è cominciato. L’antichità e la modernità dei Greci. Sono stati loro, Omero, Socrate, Saffo, Platone a dare forma al nostro pensiero. Un pensiero che non ha paura della realtà. Neanche della più terribile. «In ogni città in cui arrivavano i greci costruivano un teatro rivolto verso il mare – spiega Servillo- Andare a teatro era compito essenziale per ogni cittadino, quello era il luogo dove si rivelava la verità della vita». In tutte le sue forme. Perché «i Greci mettono in scena i loro demoni», «sanno guardare in faccia i loro mostri, danno nome all’orrore. Nulla spaventa la mente dei greci. A loro importa conoscere». Ecco la grande funzione del teatro, «vedere nel buio per poi uscire nella luce». Nel rito del teatro troviamo la libertà assoluta. Guardiamo in faccia la realtà.

L’OGGI

Ecco che “Tre modi per non morire” diventa un’invettiva alla società di oggi, persa nei suoi fantasmi elettronici, rinchiusa nella caverna delle ombre dove «noi stessi siamo le nostre catene, incapaci di staccare gli occhi dallo schermo menzognero e rassegnati a non aver scampo, costretti a parlare solo di merci». A meno che qualcuno non riesca ad accendere una luce. Servillo se lo augura, la forza della sua voce arriva diretta e precisa: una speranza, un invito, un augurio rivolto soprattutto ai giovani, «chiudiamo gli occhi davanti alle ombre e lasciamo che il fuoco sapiente divampi». Per tornare ad essere “umani”. Per tornare a immaginare. E sentirci liberi, anche nel caos della vita. Da non perdere.

Ultimo aggiornamento: 19:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA