Chiara Pavan
CHIARA LETTERA di
Chiara Pavan

Anna Mazzamauro: «La signorina Silvani
mi appartiene di diritto. Mi ha dato l'immortalità»

Venerdì 16 Febbraio 2024 di Chiara Pavan
Anna Mazzamauro (foto Vinti)

La signorina Silvani le appartiene «di diritto: ci nuoto dentro, mi ci affogo, è la mia gioia e la mia noia». Una vita da signorina Silvani, con tanta ironia: Anna Mazzamauro ci ride su divertita. La donna del desiderio di Fantozzi, «abito rosso sesso e stronzaggine conclamata», è una «maschera meravigliosa» che merita uno spettacolo tutto per sè. E in “Com’è ancora umano lei, caro Fantozzi”, scritto dalla stessa attrice romana e in scena il 16 febbraio alle 21 al Teatro Busan di Mogliano (produzione Nicola Canonico per la GoodMood), il dolente antieroe interpretato da Villaggio prende vita attraverso i ricordi della sua amatissima signorina Silvani, tra le musiche suonate dal vivo da Sasà Calabrese (chitarra e pianoforte), l’immancabile bianchina al centro del palco, una piccola scrivania sulla quale “depositare” ricordi e memorie. «Per restituire a Paolo Villaggio la grazia».

 

Il titolo è emblematico, sopratutto grazie a quell’”ancora”.

«Ho centellinato parola per parola. ‘Come è umano’ sarebbe bastato per fare riferimento al modo di parlare di Fantozzi verso i potenti, ‘ancora’ rappresenta l’eternità del personaggio. ‘Caro’ perché vive tra noi». Cosa farà? «In scena siamo in tanti: ci sono io, Anna, e poi la Silvani, quindi Paolo Villaggio, Fantozzi, il ragionier Filini, la moglie, la figlia. Chiudo gli occhi della memoria e vengono in mente le immagini, le parole, tutto».

Cosa ritrova? Difficile liberarsi della Silvani.

«Ha approfittato di me per 20 anni e io approfitto di lei facendo uno spettacolo “a tentacoli”: uso la Silvani per andare altrove. Ad esempio, lei così smaniosa di incontri d’amore, si imbatte in un uomo che non riesce a sedurre perchè è gay. “Oh che disgrazia ho incontrato un uomo diverso”, dice la Silvani, e lui “non sono io che sono diverso, ma sono gli altri che sono troppo uguali”».

Difficile liberarsi di un personaggio che le ha dato l’eternità.

«Se devo dire la verità, la Silvani mi è sempre stata sulle palle, mi ha impedito di fare Medea... mica potevo dire a Giasone “lei merdaccia schifosa”, ma pazienza mi ha donato l’immortalità, quindi ringraziamola».

Fu Villaggio a volerla come signorina Silvani.

«Sì. Salce voleva mettere vicino a Fantozzi un’attice bravina ma bruttarella per la parte della moglie, io avevo lavorato con Salce a teatro, ma non conoscevo le sue intenzioni, così mi sono presentata tutta bardata. Salce mi ha guardato, “Perdonami Anna ti ricordavo più brutta”. Poi Paolo mi ha dato un’occhiata delle sue, e ha detto: è piena di difetti, ma li porta sui tacchi. Deve essere lei la donna dei sogni di Fantozzi».

Sul palco che Villaggio racconterà?

«Leggerò alcuni suoi racconti, ce n’è uno meraviglioso che parla dell’incontro tra Paolo e Fantozzi. Mi piaceva la genialità di mettere insieme chi ha inventato il personaggio con il personaggio stesso: che ti resta appiccicato addosso, come la bava di lumaca. Fa anche bene alla pelle no?».

Come mai in 20 anni non siete mai diventati amici?

«Non amo diventare amica degli attori. Di solito gli attori hanno un rapporto vero solo quando sono in scena. Paolo ci scherzava su, quando gliel’ho chiesto mi ha risposto “io frequento solo i ricchi e famosi”. D’altra parte io sono una che vive con la sensazione immortalità, e rimanda sempre a domani. Così anche su set mi dicevo “domani ci parlo” e sono passati vent’anni. Ma credo sia stato meglio, quando ci si incontra va bene, se ci conosce va meno bene. Si scoprono le cose negative che ognuno di noi ha».

Un ricordo di Villaggio?

«Ci siamo incontrati una volta quando lui era già in sedia a rotelle spinto dal figlio, ma non dimentico il suo sguardo, mi disse “come sei bella”. Se penso a lui, voglio ricordare quel momento. Mi ha ripagato di tutto quello che avevo dovuto sopportare da Silvani: in fondo, era mortificante, dovevo fare una che gliela dava sempre a bere. Una donna atipica, che lui amava. Le donne più amate sono quelle più stronze».

A teatro ha fatto di tutto, ha persino dato vita a Cyrano. È il suo unico grande amore?

«Dopo mia figlia. In realtà a teatro esprimo ciò che sono. Io sono il teatro. Al di là di ogni retorica e presunzione, mi sento il teatro. E quando vivo, è tutto all’insegna di una recitazione. Il che mi piace: mi solleva dalle incombenze, sto parlando con lei al telefono e penso a “La voce umana” di Cocteau, scrivo e penso al mio futuro e ringionvanisco. Se vivi come se recitassi sul palco sempre, tutto sembrerà più semplice».

Che sta scrivendo?

«Il mio prossimo spettacolo, l’ho appena finito. Si intitola “brava bravissima anche di meno”: un atto di modestia (risata), io non sono modesta, ma so riconoscere miei difetti. In questo nuovo lavoro, per essere definita “brava e bravissima anche di più” devo andare ovunque, canto, ballo, recito, faccio avanspettacolo. Anche uno spogliarello. E finalmente mi comporterò con la Silvani come fece Dorian Gray col suo ritratto: la massacro, la distruggo e farò morire e io rimarrò giovane per sempre».

 

Ultimo aggiornamento: 05:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA