Chiara Pavan
CHIARA LETTERA di
Chiara Pavan

Quanta manutenzione serve al pianeta
«Necessario uno sforzo di immaginazione»

Lunedì 17 Gennaio 2022 di Chiara Pavan
Seconda puntata per Marco Paolini su Raitre con "La fabbrica del mondo"

Bisogna «muovere il cervello in un modo in cui non siamo abituati a fare». Chiudere gli occhi, «provare ad appendere le catenine al contrario», come fece Gaudì quando immaginò la sua Sagrada Familia a Barcellona simile a un bosco di pietra, e cercare di vedere meglio la nostra «cattedrale», che mai come ora ha bisogno di manutenzione. È un appuntamento emozionante e ricco di spunti, quello con Marco Paolini nella seconda puntata di “La Fabbrica del mondo” su Raitre (15 gennaio). Accompagnato dallo scienziato Telmo Pievani, dalla splendida voce di Saba Anglana nei panni di Gaia e dai corvi “meccatronici” di Marta Cuscunà, che osservano senza pietà i cambiamenti climatici già avvenuti, Paolini si addentra stavolta nel terreno “minato” del nostro benessere, un benessere dato per scontato ma che impone prezzi altissimi. «Se gli tocchi il benessere, il cittadino si arrabbia - osserva l’artista -. Ma i benesseri hanno la data di scadenza» e la terra ce lo sta dicendo.

LA CATTEDRALE

Se Gaudì fu capace di “far vedere” il suo progetto anche alle generazioni future, che continuano a completare la sua cattedrale anno dopo anno, l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con i suoi alti obiettivi per la salvezza del pianeta, fatica invece a scuotere l’umanità da «un’apatia collettiva» (lo scrittore islandese Andri Snær Magnason) che ha ormai normalizzato tutto. Un ghiacciaio che muore o l’innalzamento del mare non fanno più notizia, oceani devastati dalla pesca a strascico sembrano interessare soltanto ai biologi, come pure la penetrazione della salinità, alla foce del Po, arrivata ormai a toccare i 30 km contro i 2-3 di 40 anni fa.

LO SGUARDO

Paolini e Pievani partono dal “peso delle cose”, titolo anche della puntata, per riflettere su cosa l’uomo porti con sè in “dote” come «oggetti artificiali»: lo scienziato israeliano Ron Milo era riuscito misurare “la catasta di tutte le cataste”, ossia l’insieme di tutte le cose che gli esseri umani sono riusciti a costruire, pari a 1100 miliardi di tonnellate. «Se immaginiamo due piatti della bilancia, da una parte le cose umane e dall’altra gli esseri viventi, come animali piante virus e batteri, per la prima volta nel 2020 c’è stato un equilibrio - spiega Pievani - le cose umane pesavano tanto quanto la biomassa». Ma questa catasta è imbevuta di un materiale che ha ormai impregnato il mondo, la plastica. «Tutti gli oggetti di plastica, compresi le microplastiche sciolte nell’acqua, pesano come tutti gli animali che vivono sulla terra - osserva Pievani -. Si è calcolato che se si andrà avanti così, nel 2050 ci sanno in mare più plastiche che pesci». Pur non avendo perso peso in questi ultimi 120 anni, la biomassa ha visto crollare del 40% la diversità di specie, il che è «drammatico, perchè viviamo in un mondo più povero e uniforme dal punto di vista biologico. La biodiversità è l’unica difesa contro imprevisti, cambiamenti, catastrofi».

MANUTENZIONE

Paolini-Noè vuole riparare il pianeta, ma è difficile. Perché la manutenzione, osserva l’artista, «ha che fare con l’emozione. Ci deve essere una ragione per mettere mano alle cose. La manutenzione è una rogna, sai quando cominci, ma non quando finisci». Senza il crollo del ponte Morandi, senza “l’emozione” di quella tragedia, difficilmente «un cda decide di mettere mano a qualcosa». Eppure, se sulle autostrade fioriscono sempre più i cantieri, la rete degli acquedotti italiana, ben più imponente dell’altra, è un colabrodo. Di tutta l’acqua potabile immessa nei 500mila km di rete, il 41% viene buttato. Si perdono 6.5 milioni di acqua al minuto, «ma questo non ci colpisce», eppure è una vera tragedia perchè l’acqua non è una risorsa infinita. Dovremmo preoccuparcene.

IL MARE

Lo confermano le due biologhe marine, Mariella Rasotto e Laura Airoldi, invitate simbolicamente nel borgo di Stramare, nel trevigiano, allo sfalcio a mano del fieno. «Quando guardi i prati o gli alberi a distanza di tempo, ti accorgi se qualcosa cambia. Ma col mare vedi solo una distesa blu e non sai cosa c’è sotto. Eppure «stiamo arando i fondali», stiamo perdendo habitat ampi quanto le aree disboscate: la pesca a strascico tocca le profondità, distruggendole. «È come se un agricoltore arasse il suo campo ogni 3 o 4 giorni, non cavi più niente - osservano le due biologhe - ma così si fa con lo strascico». In più stiamo urbanizzando coste e mare, e quest'ultimo si sta progressivamente desertificando. «Se alteriamo il mare, queste alterazioni verranno poi pagate da città e montagne». Di qui lo sforzo di immaginazione richiesto da Paolini, proprio come fece Gaudì con la sua cattedrale. Provare a vedere, a immaginare cosa sta davvero accadendo per scuotere via quell’apatia collettiva che sa tanto di mancata assunzione di responsabilità. Per proteggere di più questo magnifico “bosco” che ci cresce attorno. L’imperativo è urgente. Bisogna agire, «con le buone o le cattive».

Ultimo aggiornamento: 13:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA