Ennio Morricone, quei suoi brani eterni amati anche dal rock: «Uso accordi semplici»

Martedì 7 Luglio 2020 di Massimo Cotto
Ennio Morricone, quei suoi brani eterni amati anche dal rock: «Uso accordi semplici»
Forse conviene cominciare da una storia. Sergio Leone stava lavorando a quello che sarebbe diventato il suo capolavoro, C'era un volta in America. Il film definitivo sul mito americano. Al regista mancava qualcosa. Era a buon punto, ma mancava benzina. Così chiese a Ennio Morricone: «Hai per caso qualche scarto, qualcosa che ti avanza?». Morricone si sedette al piano e sprigionò le indimenticabili note di Deborah's Theme. Le aveva composte, ovviamente con un altro titolo, per un film di Franco Zeffirelli, Amore senza fine. La collaborazione era saltata all'ultimo momento e così Morricone aveva rinchiuso nel cassetto quella melodia magica.

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IL RESPIRO DEL VENTO
Ecco, nel difficile compito di sintetizzare la grandezza di Ennio Morricone, questo mi pare l'esempio: Morricone scriveva brani che si adattavano perfettamente alle immagini, ma che non ne erano prigioniere. Deborah's Theme sembrava cucita dal migliore dei sarti addosso alla storia di C'era un volta in America e invece era stata scritta per un altro film, per un'altra storia. Morricone scriveva brani eterni, che avevano il respiro del vento, impossibili da etichettare. Per questo, era amato da tutti. Non è mai esistito, non esiste e probabilmente non esisterà mai più un musicista specializzato in colonne sonore così amato dal mondo del rock, ad esempio. Quando gli domandavi il perché, ti guardava con quella faccia strana di chi è costretto a rispondere ma vorrebbe non porsi il problema. Diceva: «Io scrivo in un modo che possiamo definire popolare. Uso accordi semplici. Esattamente come il rock». Vero, ma la sua grandezza era rivestire quella semplicità di sublime, rendendolo inarrivabile.

COME L'HEAVY METAL
Certo, usava spesso accordi di tre note, come il do maggiore, esattamente come nell'heavy metal, ma li riempiva di così tante immagini da poter sopravvivere, paradossalmente, anche senza le immagini. Il sogno di ogni compositore: scrivere una colonna sonora che vada a nutrire il film, ma che possa avere una vita propria anche lontano dalla pellicola. Morricone ha scritto brani che hanno anticipato i tempi. Non si accontentava, inventava. Se la musica, come amava ripetere, non è scienza, ma esperienza, più chilometri accumuli e più lontano vai. Semplice solo se ti chiami Morricone.
 
 


PRECURSORE
Quando inventa quel fischio che accompagna la cavalcata sonora di Per un pugno di dollari e sottopone il western a una rivoluzione copernicana. Quando spinge Pino Rucher, grande musicista pugliese, a utilizzare la chitarra elettrica, cosa mai successa in un western di produzione italica (e a quel suono si ispirerà The Edge degli U2 nel brano Magnificent). Quando è sufficiente una voce femminile che ripete scion scion (per noi quello è il titolo) per fermare il cuore a una generazione. Quando si spinge sui sentieri pop dance in Dance On e, in qualche modo, anticipa la house.
Morricone attraversava generi e stili. E influenzava generi e stili. Che fosse adorato dagli amanti di colonne sonore è già un grandissimo risultato. Ma farsi adorare, dicevo, dagli amanti di altre musiche, è davvero fatto unico. Infinite rockstar hanno sistemato musiche del Maestro in apertura dei concerti, come a dire: seguiteci, quello che andrete a da assistere è come un film. Qualche nome? Metallica, Motorhead, Ramones, Clash, Green Day, Bruce Springsteen, Muse e Dire Straits, che hanno scritto pensando a Morricone Once Upon A Time In The West e anche Private Investigation.

SCRIVERE LA STORIA
Morricone parlava malvolentieri del suo periodo alla Rca come arrangiatore di brani che sono diventati storici anche grazie a lui, da Sapore di sale ai grandi successi di Edoardo Vianello e Se telefonando di Mina, di cui fu anche co-autore. Alla fine di un'intervista, mi disse: «La ringrazio per non aver mai usato l'orrenda espressione spaghetti-western». Io replicai: «Ha ragione, ma è un piccolo prezzo da pagare per aver scritto la storia». Lui sorrise: «Io la storia non l'ho ancora scritta. Se pensassi di averla già scritta non riuscirei più a sedermi al pianoforte». Ecco perché Morricone era Morricone.

 
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