Roma, bengalese aggredito per la casa popolare: «Mi volevano ammazzare, ho paura a tornarci»

Sabato 1 Luglio 2017 di Mauro Evangelisti
Roma, bengalese aggredito per la casa popolare: «Mi volevano ammazzare, ho paura a tornarci»

«Mi volevano ammazzare. Mi avevano detto di andare a vedere l'appartamento che mi era stato assegnato, ma non sapevo dove fosse esattamente. Io Tor Bella Monaca non la conosco, il Comune mi aveva offerto tre opzioni e avevo scelto quella perché era più comoda per mio figlio che va all'università. Prima di lunedì, c'ero già stato una volta per vedere la casa, ma già allora avevo preso qualche insulto. Lunedì, quando sono arrivato a Tor Bella Monaca, a largo Mengaroni, non riuscivo a orientarmi e ho chiesto informazioni a quattro ragazzi. Ma mi hanno aggredito, senza ragione. Mi hanno detto: negro, vai nel tuo paese, qui non c'è la casa per te, sono tutte occupate». Howlader Dulal è nato in Balgladesh 52 anni fa, ma da 26 vive nel nostro paese e ha regolarmente la cittadinanza italiana.

IL VIAGGIO
Era scosso quando ha raccontato al suo avvocato, Paolo Palma, ciò che gli era successo: non solo per la paura, ma perché lui a Roma si è sempre comportato onestamente, è sposato, ha due figli e un lavoro regolare. E' lavapiatti in una pasticceria ristorante in via Andrea Doria: lo stipendio, poco meno di 900 euro, per tre quarti se ne va nell'affitto per un piccolo appartamento vicino a dove lavora. Deve mantenere la famiglia, la moglie, una figlia disabile, uno più grande, italiano di seconda generazione, che ha 19 anni è iscritto all'università ad Ingegneria. E' la fotografia di una famiglia inserita e integrata, ma il clima a Roma e in Italia si è incattivito. «Al dipartimento politiche abitative del Comune di Roma mi hanno detto che dopo anni finalmente anche la mia richiesta era al nono posto in graduatoria e che c'era un appartamento per la mia famiglia». Gli uffici del Comune (non si sta parlando di Ater, ma di alloggi di edilizia popolare di Roma Capitale) consegnano un documento a Howlader con l'indirizzo. «Quei ragazzi a cui ho chiesto l'informazione mi hanno spintonato, mi hanno detto sporco negro, qui non c'è posto per te, vattene, mi hanno colpito alle spalle, sono caduto a terra. Mi hanno strappato la camicia. Mi sono agitato, sono entrato in fibrillazione perché presto dovrò cambiare le batterie del pacemaker». Howlader ha problemi al cuore e da dieci anni vive proprio grazie a un pacemaker. Sul marciapiede si è sentito male. «Per fortuna qualcuno è intervenuto per aiutarmi». Secondo quanto racconta Howlader a Tor Bella Monaca non si sono voltati dall'altra parte, i quattro ragazzi - tra i venti e i venticinque anni - non erano l'avamposto di una rivolta dell'intero quartiere, visto che un uomo e una donna hanno urlato ai ragazzi di lasciare stare Howlader, «che cosa fate, andate via». I quattro sono fuggiti, mentre qualcuno ha chiamato il 118. Quando l'ambulanza è arrivata, ha soccorso l'uomo, ha controllato il battito cardiaco, perché più che le contusioni per i colpi e la caduta ovviamente preoccupava il cuore. Per fortuna l'uomo si è ripreso e le conseguenze non sono state gravi.
«Io non ho fatto nulla di male - ha ripetuto Howlader - volevo semplicemente vedere l'appartamento. Ora però a Tor Bella Monaca non voglio tornare, ho paura, mi dispiace. Certo, mi piacerebbe che mi fosse assegnata una casa vicino a dove lavoro, ma so che non è possibile». L'alloggio si trova all'ottavo piano, in una delle due palazzine alte di largo Mengaroni dove la percentuale degli occupanti abusivi è alta. Sul caso sta indagando il commissariato Casilino, dove è stata presentata la denuncia, ma secondo l'avvocato Palma è stato un errore da parte degli uffici del Comune mandare un cittadino di origini bengalese di fatto allo sbaraglio.
 

Ultimo aggiornamento: 21:30