Associazione Amici di Luca: «nutrizione e idratazione siano obbligatorie per legge»

Giovedì 16 Novembre 2017 di Franca Giansoldati
Associazione Amici di Luca: «nutrizione e idratazione siano obbligatorie per legge»
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Città del Vaticano - «Idratazione e nutrizione artificiali non vanno equiparate a cure mediche. Sono strumenti essenziali per la vita. Noi dell’associazione Amici di Luca ci siamo sempre battuti perché nel testo del ddl fermo in Parlamento fossero definite come strumenti di sostegno vitale. Senza l’idratazione e la nutrizione la persona in stato vegetativo morirebbe.

Vorrei incoraggiare i parlamentari contrari ad andare da quelle mamme e dai quei papà che continuano a vegliare i propri figli nell’attesa che si risveglino dallo stato vegetativo e proporre loro di togliere l’idratazione e la nutrizione artificiali. Sentirebbero cosa ne pensano. Senza questi strumenti di sostegno vitale la persona malata non ci sarebbe più».  A lanciare quest’appello al mondo della politica è Fulvio de Nigris, presidente della associazione Amici di Luca e padre di un ragazzo entrato in coma una ventina d’anni fa e morto successivamente dopo anni di coma.

L’associazione è nata proprio con l’intento di aiutare le famiglie che attraversano il calvario di un figlio o un parente in stato vegetativo a non sentirsi sole e abbandonate. «Fornire acqua e cibo, anche in modo artificiale, non è accanimento terapeutico e non possiamo diventi una norma».  Fulvio ricorda la disgrazia accaduta a suo figlio, e la solitudine vissuta quando l’operazione andò e a Bologna non c’erano strutture adeguate per ospitare degenti in stato vegetativo. Con l’aiuto di amici e parenti la famiglia De Nigris riuscì a trovare un centro attrezzato in Austria.

«A Bologna non c’era quasi niente. E’ nata così l’idea di un centro ad hoc a Bologna, dove poter aiutare le famiglie a convivere con dei percorsi difficili. Un progetto che ha avuto origine dal presupposto che la famiglia è al centro e non ai margini». Le parole pronunciate dal Papa lo commuovono per la sensibilità verso questa dimensione della malattia. «Sono d’accordo sul fatto che bisogna fare rete. Dalla morte di mio figlio Luca ci siamo sempre battuti perché le famigie dei malati fossero degli attori e non elementi di passività. Purtroppo le famiglie sono lasciate sempre sole».
 
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