«Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania», scrive via social Giorgia Meloni, contestando le «motivazioni incredibili ("le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d'oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività")» alla base della liberazione di «un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto». Per la premier «non è la prima volta che accade e purtroppo non sarà l'ultima. Ma continueremo a fare quello che va fatto per difendere la legalità e i confini dello Stato italiano».
La via giudiziaria
All'intervento via social di Meloni seguono le parole del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, secondo cui «ci sono le condizioni per impugnare la sentenza di Catania. Dalla lettura dell'atto siamo convinti che abbiamo ragioni da sostenere». Il governo sembra dunque intenzionato a intraprendere la via giudiziaria contro la decisione del giudice Iolanda Apostolico di non convalidare il trattenimento, in base alle nuove norme del dl migranti, di alcuni richiedenti asilo. Quello che filtra dall'esecutivo è che il giudizio netto del giudice di Catania si risolverà in una «bolla di sapone». Peraltro anche una figura tecnica come il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli sembra ridimensionare la questione: «Non enfatizzerei troppo il tema del contrasto tra politica e magistratura - afferma all'Ansa - perchè finora si tratta di una decisione sola su un singolo caso e inoltre stiamo parlando di norme comprese in un decreto legge il cui iter parlamentare è ancora aperto e in attesa di essere convertito in legge».
Anche se poi, inevitabilmente, le reazioni dalla maggioranza parlamentare continuano ad arrivare, come dalla responsabile immigrazione di FdI Sara Kelany («decisione politica e ideologizzata») o dal leghista Andrea Crippa («a processo ci dovrebbe andare Apostolico, non il vicepremier della Lega», riferendosi al procedimento di Salvini a Palermo). Mentre dall'altro lato una collega di Apostolico, il giudice Marisa Acagnino, ribatte: «Noi decidiamo secondo scienza e coscienza, e secondo la legge».
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