Migranti liberati, Cesare Mirabelli: «Applicate regole europee inadatte a fronteggiare un fenomeno di massa»

L’ex presidente della Corte Costituzionale: le espulsioni sono vanificate se non c’è l’accompagnamento alla frontiera ​

Domenica 1 Ottobre 2023
Migranti liberati, Cesare Mirabelli: «Applicate regole europee inadatte a fronteggiare un fenomeno di massa»

La normativa europea, in caso di conflitto, supera la legge italiana. Ma se ci sono questioni di incostituzionalità che vengono sollevate «il caso deve venire giudicato dalla Consulta». Il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, commenta il provvedimento con cui il tribunale di Catania non ha convalidato il fermo di tre giovani profughi, sostenendo che il decreto del Governo che prevede il trattenimento dei richiedenti asilo sia in conflitto con la normativa europea e, secondo il legale degli stranieri, anche con la Costituzione.

Si tratta di una normativa, sottolinea Mirabelli, «che era più commisurata alla figura dell’esule politico, piuttosto che essere idonea ad affrontare una questione quasi di massa come quella dei migranti economici».

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Presidente, perché il giudice ha deciso di non convalidare il fermo disposto dal questore?
«Sono stati presi in considerazione diversi aspetti. Da un lato c’è il fatto che il provvedimento specifico, emesso dal questore, è stato ritenuto non adeguatamente motivato in rapporto alle varie misure che possono essere prese. Siamo in presenza di un trattenimento di stranieri dei quali non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione, o il respingimento. E la norma consente di prorogare il trattenimento nei centri di permanenza anche per periodi lunghi. Si tratta di una restrizione della libertà personale che richiede e prevede una verifica e un controllo da parte del giudice, e che deve essere adeguatamente motivata. Per superare la questione, il questore potrebbe emettere un nuovo provvedimento con una motivazione più solida. L’altro aspetto che il giudice sembra avere considerato è che il sistema prevede che possa essere effettuato il versamento di una somma a garanzia, consentendo di riacquistare una provvisoria libertà. Si tratta di una sorta di cauzione. Non viene contestato il fatto che ci sia una cauzione, ma la limitazione che prevede che il versamento debba essere fatto direttamente dall’interessato e non da terzi, come invece è previsto dalla direttiva comunitaria».

La legge comunitaria prevale sempre?
«Sì, è previsto dall’articolo 117 della Costituzione. Le leggi italiane devono rispettare i principi del diritto internazionale, le norme comunitarie, naturalmente nelle materie che hanno competenza comunitaria. Vengono quindi disapplicate le norme nazionali che in ipotesi siano in contrasto. In caso di dubbio di interpretazione, la questione può essere posta alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Comunque in questo caso siamo su un terreno scivoloso».

In che senso?
«È evidente che il trattenimento, anche lungo, per poi compiere un accompagnamento alla frontiera o un respingimento, implica che il provvedimento finale sia eseguito, ed è quella la difficoltà reale. Se ci si accontentasse di un provvedimento di espulsione senza accompagnamento alla frontiera il tutto sarebbe vanificato. Quanti respingimenti e accompagnamenti ci sono effettivamente stati in questi anni? Rientra tutto nella difficoltà estrema di gestire un fenomeno che è diventato quasi di massa, almeno in alcuni momenti. La previsione, anche quella costituzionale, che assicura l’asilo a chiunque nel proprio paese non gode dei diritti che sono garantiti ai cittadini, ha una visione molto ampia. Quell’apparato aveva come idea le condizioni individuali, la situazione di pochi. Qui invece siamo di fronte a un fenomeno di amplissime dimensioni, che non si riesce a fronteggiare. Sono norme che erano più commisurate alla condizione dell’esule politico, che a quella del migrante economico».

Il legale dei tre profughi sostiene che il decreto violi anche l’articolo 10 della Costituzione, che stabilisce che lo straniero abbia diritto di asilo in Italia se nel suo Paese gli sia impedito l’effettivo esercizio delle libertà democratiche. In questo caso il giudice non avrebbe dovuto sollevare una questione di costituzionalità?
«Se il giudice ritiene che una norma sia incostituzionale deve rivolgersi alla Consulta. Non può stabilire in modo autonomo se una norma sia incostituzionale o meno. In questo caso, però, è stato fatti riferimento a una sentenza delle Sezioni unite della Cassazione».

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