Meloni blinda il governo: «I soliti noti vorrebbero che tornassero i tecnici. Lo spread scende»

Il premier: «Gli investitori hanno letto i nostri numeri e ora lo spread scende»

Sabato 30 Settembre 2023 di Luca Cifoni
Meloni blinda il governo: «I soliti noti vorrebbero che tornassero i tecnici»

«L’Italia rimane una nazione solida, che ha una previsione di crescita superiore a quella della media europea anche per il prossimo anno, superiore a quella della Francia e della Germania, e lo spread oggi ha ricominciato a scendere. Probabilmente gli investitori hanno letto pure la Nadef, ben raccontata da numeri seri in previsione di una legge di Bilancio estremamente seria». In una giornata sostanzialmente tranquilla sul mercato dei titoli di Stato, Giorgia Meloni rivendica i numeri della Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza e anche quelli dello spread (la differenza di rendimento tra Btp italiano e Bund tedesco) che ieri si è tenuto ben al di sotto di quota 200 chiudendo più o meno ai valori del giorno precedente.

Il bersaglio politico sono i «soliti noti» ovvero la prospettiva che un eventuale difficoltà del nostro Paese sulle piazze finanziarie preluda ad un nuovo governo tecnico. Del quale, secondo la presidente del Consiglio «la sinistra ha già la lista». Dunque a suo avviso le preoccupazioni per lo spread sono soprattutto «nei desideri di chi immagina che un governo democraticamente eletto che sta facendo il suo lavoro che ha stabilità e una maggioranza forte, debba andare a casa per essere sostituito da un governo che nessuno ha scelto». Anche Giancarlo Giorgetti nega che l’andamento dello spread sia collegato al governo: dipende piuttosto dal fatto che «l’Italia è molto indebitata, ha un enorme debito pubblico. Quando aumentano i tassi di interesse in Italia, in Europa e nel mondo - osserva il ministro dell’Economia - non è mai una buona cosa per chi è indebitato».

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NESSUN ATTACCO

L’eventualità di un attacco speculativo contro il nostro Paese è stata implicitamente esclusa dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che sottolinea piuttosto la necessità di una continua attenzione «a tenere i nostri conti il più possibile in ordine». Le verifiche, sia sul fronte dei mercati che su quello delle istituzioni europee, arriveranno nei prossimi giorni, dopo la diffusione del testo ufficiale della Nadef (atteso in queste ore). Nel frattempo sarà noto anche l’esito della procedura di validazione richiesta come ogni anno all’Ufficio parlamentare di Bilancio. Il quadro di finanza pubblica permette comunque di leggere più nel dettaglio il percorso del deficit e quello del debito. Come già annunciato dal ministro Giorgetti, per il prossimo anno il governo intende avvalersi di un ampio margine di disavanzo aggiuntivo (circa 14 miliardi) che porterà il rapporto programmatico con il Pil al 4,3 per cento. La discesa sotto il 3 per cento è prevista solo per il 2026. Il saldo primario, ovvero quello calcolato senza tener conto degli interessi passivi, dovrebbe restare leggermente negativo anche nel 2024.

Quanto al debito pubblico, il cui andamento risente ovviamente degli indicatori di cui sopra, il profilo per i prossimi anni è sì di discesa, ma estremamente lenta. Dal 141,7 per cento del 2022 l’incidenza sul prodotto dovrebbe scendere al 140,2 alla fine di quest’anno e poi al 140,1 il successivo al 139,9 nel 2025 e al 139,6 nel 2026. Di fatto un andamento piatto che se confermato dovrà confrontarsi con le regole ancora tutte da definire del nuovo Patto di Stabilità e crescita.

LO SCOSTAMENTO

Nonostante lo scostamento più marcato rispetto ai saldi tendenziali (che richiederà anche un passaggio in Parlamento) i numeri della Nadef non permetteranno certo alla maggioranza di largheggiare con la legge di Bilancio. Nei prossimi quindici giorni sarà messa a punto nel dettaglio la lista delle necessarie coperture aggiuntive: oltre al disavanzo messo in cantiere, le maggiori spese e le minori entrate dovrebbero attingere ai circa due miliardi attesi dalla revisione della spesa e da qualche ulteriore introito ricavato da una prima razionalizzazione delle agevolazioni fiscali.

Ultimo aggiornamento: 11:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA