(Intervista pubblicata sul Messaggero del 21 ottobre 2019)
Piero Angela ha passato una vita sul piccolo schermo, abbastanza a lungo per diventare sinonimo di buona televisione. È un’icona di scienza e sapienza, di quelle che in rete generano a getto continuo centinaia di meme (nomignolo ricorrente sui social: “il sommo”).
Si sente a suo agio sul palco?
«Mi sento tranquillo, perché il conduttore vero e proprio sarà Pino Strabioli: lui è il nostro maestro di cerimonia, quello incaricato di introdurci e stimolarci».
Ma come si svolgerà lo spettacolo?
«Sarà diviso in tre parti. Una riguarderà le curiosità sul mare, le altre due saranno legate alle storie di Alberto Recchi e mie. Io e Recchi collaboriamo da tanti anni, abbiamo fatto tv insieme e scritto tre libri. Siamo amici nella vita, ma abbiamo due modi diversi di vivere e raccontare il mare. Lui lo fa attraverso magnifiche fotografie ed esplorando in prima persona i fondali. Ha ripreso di tutto, inclusi squali e grandi cetacei. Dirà quello che ha visto e vissuto. Sarà la narrazione della vita di un grande conoscitore di mari».
Piero Angela, dalla conduzione del Tg1 alla divulgazione scientifica
E lei cosa racconterà?
«La storia del mare dal punto di vista della ricerca. Parlerò dell’evoluzione dell’uomo, della vita nei mari e dei problemi che si creano con il riscaldamento terrestre. Si parla tanto delle foreste e poco degli oceani. Gli oceani assorbono un terzo dell’anidride carbonica e producono un terzo di ossigeno in più dell’Amazzonia. Se turbiamo il loro equilibrio, dobbiamo aspettarci grandi guai».
Greta Thunberg non fa che ripeterlo. Le piace?
«Sì, ma attenzione: queste cose si sapevano anche trent’anni fa, ma nessuno le voleva ascoltare. I movimenti ecologisti sono sempre esistiti. Oggi, certo, le cose stanno peggiorando. Gli accordi di Parigi sono disattesi da paesi che a parole dicono di rispettarli e poi non lo fanno. Oggi si vive nell’eterno presente. Navighiamo a vista. Il problema non è il problema. Il problema è l’uomo».
La tv però dà segnali positivi. Suo figlio ha rifatto il 18.5% di share con “Ulisse”.
«È stato molto bravo. Fa una televisione diversa dalla mia, certo. Ma è giusta e coinvolgente. Di quelle che parlano direttamente al pubblico».
E lei porta la scienza a teatro. Non le sembrano due bei segnali?
«Il pubblico è cambiato. Le nuove generazioni hanno studiato più di quelle vecchie, sono più curiose e disposte a imparare».
Le nuove generazioni sono migliori delle “vecchie”?
«Non necessariamente. Le nuove generazioni sono vittime di un grande edonismo. Le vecchie avevano il senso del dovere e del sacrificio. Quando ero bambino sapevo di avere dei doveri e dei dritti che venivano dai doveri. Non c’è migliore e peggiore: per ogni vantaggio c’è sempre uno svantaggio da pagare».
Tornando al mare: cosa l’affascina di più?
«Miliardi di anni fa le forme viventi si sono sviluppate nell’acqua. Con gli organismi policellulari nasce la vita. E con la vita anche la morte, perché prima di loro i batteri tecnicamente non morivano mai: si replicavano in continuazione, l’uno perfettamente identico all’altro. La vita che nasce insieme alla morte: lo trovo un concetto molto affascinante».
Ilaria Ravarino