segue dalla prima pagina
(...) o a violentare la moglie, o ad ammazzare l'intera

Domenica 14 Ottobre 2018
segue dalla prima pagina
(...) o a violentare la moglie, o ad ammazzare l'intera famiglia, come purtroppo è accaduto negli ultimi tempi.
La seconda che, dovendosi comunque fare un'indagine, chi si è difeso in casa si trova a doversi difendere anche in tribunale pagandosi l' avvocato.
È proprio su questi due momenti che incide, in modo sostanziale, il progetto in esame. In primo luogo, escludendo la punibilità di chi , per salvare la propria o altrui incolumità, ha agito in stato di paura; in secondo luogo, sollevando dalle spese legali chi, indagato o processato per l'eccesso colposo, alla fine venga assolto.
Il primo principio è di buon senso: se davanti a un' aggressione in atto, Tizio si sente minacciato nella persona, è assurdo domandarsi, col senno di poi, se la reazione sia stata proporzionata al pericolo realmente corso, perché quello che conta è il pericolo percepito. Pretendere che il derubato in casa accenda la luce e chieda al ladro se le sue intenzioni siamo dirette alla sottrazione della biancheria o a una brutale violenza sessuale è, ovviamente, una sciocchezza. In termini giuridici si chiama inesigibilità.
Il secondo principio il rimborso delle spese - si fonda sulla caratteristica tipica della legittima difesa, dove l'indagato è in realtà l' aggredito. Meglio, è la prima vittima dell'inadempienza dello Stato che non ha saputo garantirne la sicurezza. Reagendo a un' aggressione in atto, (ripetiamo, in atto) il cittadino in realtà si sostituisce proprio allo Stato, attuando quella tutela di cui è stato privato. Questo, ovviamente, non ha nulla a che vedere con il farsi giustizia da sé. Quest'ultima si verifica quando, (ripetiamolo ancora), ci si va a riprendere la refurtiva o si va a punire l'aggressore, non quando si respinge un attacco che può costarti anche la vita. E quindi è logico che, una volta accertata la legittimità della difesa, sia lo Stato a sobbarcarsi le spese legali.
Il testo della riforma contiene anche tante altre cose, compreso il solito aggravamento delle pene sulla cui efficacia intimidatrice nutriamo, come sempre, scarsissima fiducia. Ma nel complesso va bene, e si avvicina, senza poterlo realizzare compiutamente, al principio liberale ben diverso da quello del codice del 1930 ancora in vigore. Quest'ultimo, significativamente firmato da Mussolini, considera il cittadino un suddito, e quindi gli pone i limiti entro i quali si può difendere. Mentre un codice liberale dovrebbe ragionare in modo opposto: chiedersi entro quali limiti lo Stato abbia il diritto di punire chi si difende da un'aggressione che lui, Stato, non è riuscito a impedire. Ma per arrivare a questo risultato occorrerebbe, appunto, un nuovo codice penale. E quindi una filosofia politica condivisa, una determinazione duratura, e un tempo ragionevole di riflessione teorica e di formulazione normativa. Vasto programma, direbbe De Gaulle.
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