Prostitute per pagare la traversata

Giovedì 30 Luglio 2020
Prostitute per pagare la traversata
L'INCHIESTA
MESTRE L'organizzazione le sceglieva nei villaggi più piccoli e poveri della Nigeria. Con alcune era chiara fin da subito: in Italia ci vieni per prostituirti. Con altre, più restie, si usava la trappola della promesso di un lido ricco e sicuro in cui trovare lavoro e costruire una nuova vita. Senza dire, quindi, che l'unico futuro possibile per loro sarebbe stato quel metro quadrato in via Piave dove incontrare i clienti. La squadra mobile di Venezia, coordinata dal dirigente Giorgio Di Munno, ci ha messo due anni per ricostruire le fila di questo gruppo criminale dedito alla tratta e allo sfruttamento della prostituzione. Due le ordinanze di custodia cautelare eseguite nei confronti di due donne di 52 e 43 anni. Ex prostitute diventate maman (o madame) negli anni: il ruolo è quello di coordinamento e di organizzazione del lavoro delle giovani prostitute, tenute in scacco, peraltro, dal debito per portarle in Italia.
IL VIAGGIO
L'inchiesta parte appunto dai racconti di una delle ragazze, una 18enne che, due anni fa, aveva deciso di spiegare ai poliziotti come fosse arrivata a Mestre e perché lavorasse in strada tra via Piave e via Dante. Il quadro che hanno ricostruito gli investigatori della squadra mobile ha delineato un sistema rodato: dopo aver reclutato le giovani (quelle accertate dall'inchiesta sono una quindicina, tutte di un'età compresa tra i 18 e i 23 anni) l'organizzazione si occupava del suo trasferimento in Libia, attraverso il Niger, e della traversata per sbarcare in Sicilia. Un grande barcone, insieme a tutti gli altri migranti. Qui, le giovani venivano prese in carico dal contatto italiano, che le portava a Mestre.
Le madame, qui, le sottoponevano a un rito voodoo. Un metodo molto utilizzato, nel mondo della prostituzione nigeriana, per legare le donne all'organizzazione. Le ragazze, inoltre, dovevano risarcire il debito di viaggio: 25mila euro. La minaccia era sempre la stessa: se non ci ripaghi, se scappi, torneremo al tuo villaggio e ce la prenderemo con la tua famiglia.
IL MARCIAPIEDE
Alle ragazze veniva dato in subappalto un metro quadrato di marciapiede, che dovevano ripagare con un canone di 200 euro a settimana. A questi si aggiungevano i soldi per l'alloggio (altri 200 euro al mese) e quelli per saldare il debito. Le loro prestazioni andavano dai 30 ai 50 euro: a loro, in pratica, in tasca non rimaneva nulla. Diverso il discorso per le madame e i loro complici, che avevano un tenore di vita elevato, grazie ai proventi delle loro sfruttate, e ogni settimana spostavano migliaia e migliaia di euro tramite money transfer.
Nel mirino della procura di Venezia, infatti, sono finite anche altre dieci persone, tutte di nazionalità nigeriane indagate per gli stessi reati, tre sempre a Mestre, tre a Padova e quattro a Verona. Sette le perquisizioni: in alcune di queste la polizia ha trovato documenti e altri elementi che confermerebbero il loro coinvolgimento nel viaggio delle donne in Italia. Spesso, la mala nigeriana reinveste i capitali della prostituzione nella droga per lo spaccio. Non in questo caso: l'organizzazione usava i capitali per potenziare il business della tratta.
Davide Tamiello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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