La recente polemica fra il prof Andrea Crisanti, professore ordinario della Università

Mercoledì 27 Maggio 2020
La recente polemica fra il prof Andrea Crisanti, professore ordinario della Università di Padova e il Presidente del Veneto Luca Zaia, sui meriti nell'aver affrontato positivamente l'attuale pandemia da coronavirus, richiama il rapporto fra Università e Sistema Sanitario Nazionale gestito dalla Regione, mai completamente risolto. In una recente conferenza stampa del 24 maggio 2020 il Presidente Zaia, rispondendo alla domanda di un giornalista, distingue fra attività assistenziale e attività di ricerca svolta dal prof Crisanti. Il Presidente Zaia in sostanza sostiene che l'attività assistenziale svolta durante la fase acuta della pandemia e i risultati soddisfacenti ottenuti, sono merito della Regione che ha deciso le modalità e l'organizzazione dell'attività assistenziale e che l'attività svolta dal prof Crisanti non era specificatamente rivolta all'assistenza, ma era collegata all'attività di ricerca e al suo ruolo universitario.
Senza entrare nel merito della polemica, anche se penso sia innegabile il ruolo svolto dal prof Crisanti nell'indirizzare la strategia sanitaria regionale, - in particolare riguardo all'utilizzo estensivo dei tamponi per individuare i soggetti positivi al virus - in questa vicenda non sembrano essere correttamente interpretati i rapporti fra Università e Regione in campo assistenziale. Per un professore universitario medico l'attività assistenziale è inscindibile da quella scientifica e da quella didattica e quindi l'attività di ricerca clinica non può essere considerata a parte rispetto all'attività assistenziale. Viene giustamente enfatizzato il ruolo della Regione, ma forse andrebbero riconosciuti apertamente anche l'apporto e i meriti della medicina universitaria di Padova e Verona nel superamento della pandemia, il ruolo svolto dai tanti medici universitari accanto ai colleghi ospedalieri e le straordinarie competenze scientifiche e professionali messe a disposizione. Il livello delle prestazioni sanitarie viene migliorato dalla presenza dell'Università sia in termini di qualità che di efficienza. Non sempre è stato compreso dalla Regione che la qualità dell'assistenza è aumentata da una eccellente ricerca biomedica svolta in una azienda ospedaliera universitaria dagli universitari, ma anche dagli ospedalieri, grazie a una profonda integrazione e cooperazione fra personale ospedaliero e universitario. In maniera limitativa spesso si chiede alla Scuola di Medicina solo assistenza in termini quantitativi.
Per quanto riguarda Padova in particolare, l'Università e la Scuola di Medicina rappresentano una ricchezza e un patrimonio della nostra Regione, che va sostenuto e inserito nella sanità regionale favorendone al massimo l'integrazione e la cooperazione, nel rispetto del ruolo istituzionale di didattica e di ricerca. Il livello di cooperazione è buono (ne è una dimostrazione la progettazione del nuovo ospedale di Padova, che arriva però dopo un ritardo almeno ventennale), ma ci sono ampi margini per migliorarlo con vantaggio dei cittadini del Veneto, ma anche di tutti gli italiani, considerando la stima di cui gode la sanità veneta e padovana in particolare e la frequentazione extraregionale dei nostri ospedali.
*Professore Emerito di Medicina interna dell'Università di Padova, già Preside della Facoltà di Medicina di Padova
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