L'itinerario dell'Urbs Picta si snoda attraverso otto siti; ma c'è anche un'appendice,

Domenica 25 Luglio 2021
L'itinerario dell'Urbs Picta si snoda attraverso otto siti; ma c'è anche un'appendice,
L'itinerario dell'Urbs Picta si snoda attraverso otto siti; ma c'è anche un'appendice, una sorta di nona tappa, situata proprio a metà strada tra gli Scrovegni e la cittadella Antoniana. Un luogo simbolo dell'epopea Carrarese, ma che non è finito nel percorso validato dalla Commissione Unesco, in quanto ancora oggetto di un poderoso intervento di recupero e pertanto interdetto al pubblico. Il Castello, però, è a pieno titolo protagonista affascinante e suggestivo dell'itinerario riconosciuto a Parigi unico e irripetibile.
Il suo salvataggio inizia una ventina di anni fa. Nel 2002, infatti, l'antica fortezza, in quanto carcere, era stata inserita all'interno delle cosiddette cartolarizzazioni con cui lo Stato avrebbe dovuto far cassa per ridurre il debito pubblico. Iniziò allora una vera e propria battaglia parlamentare per impedire che ciò avvenisse. Vi fu un coinvolgimento dell'opinione pubblica locale e alla fine, dopo anni di tensioni, venne salvato dalla privatizzazione a fini speculativi di chi voleva trasformarlo in un complesso con miniappartamenti, e venne preso in carica dal Ministero della Cultura. Da allora è iniziata una lunga opera di ripristino: dapprima con la messa in sicurezza e il ripristino delle strutture collassate, poi con il restauro vero e proprio, di cui è stato paladino Andrea Colasio, che si è battuto strenuamente per reperire le risorse, inizialmente da deputato e in seguito da assessore.
«Negli anni successivi ricorda spesso la narrazione dell'epopea carrarese divenne lo strumento privilegiato con cui rivisitare la città, i suoi luoghi, la sua stessa identità e quella damnatio memoriae che i veneziani avevano imposto qui rispetto alla loro Signoria e di conseguenza al Trecento, che era rappresentato da Giotto, con la Cappella degli Scrovegni, ma tutto il resto era come finito ai margini della storia. La signoria carrarese, i suoi fasti, gli artisti che aveva chiamato in città erano come condannati all'oblio: tutti colpevoli di aver tramato contro Venezia, mettendone a rischio persino l'integrità politica. Quel Castello poi, voluto dal grande nemico dei veneziani, Francesco il Vecchio, che non aveva esitato ad allearsi con Genova e con Ludovico d'Ungheria per combattere l'odiata Serenissima, era proprio il simbolo del tradimento della città antenorea. Quando, nel 1405/06 il comandante delle truppe veneziane ricordò al Doge che omo morto no fa guera fu agevole sterminare l'intera famiglia carrarese nelle carceri veneziane».
L'EVOLUZIONE
Il Castello, un tempo simbolo nell'iconografia trecentesca della città, con il Palazzo della Ragione e il Santo, fu progressivamente defunzionalizzato e trasformato in deposito di armi e in granaio. Il colpo finale lo diede Napoleone, trasformandolo in Casa di Pena, funzione cui diedero continuità gli austriaci. E così, circondato da alte mura, scomparve alla vista dei padovani. E carcere restò fino al 1992: poi iniziò il declino irreversibile, cui si aggiunsero i danni dell'incendio del 1989, che ne fece crollare il lato sud, che ospitava la fabbrica di biciclette Rizzato.
Anno dopo anno il restauro è continuato e da un oblio di secoli sono ricomparsi i grandi cicli affrescati del Trecento che segnavano all'interno e all'esterno le sue superfici. «Erano stati coperti per secoli dallo scialbo veneziano e raschiati dalla direzione carceraria in quanto ricettacolo di batteri - annota Colasio -. Due estati fa, quando venne qui l'ispettore Unesco lo portammo a visitarlo e ne fu entusiasta. Capì che il Trecento padovano e i suoi cicli affrescati erano la sintesi di una grande storia culturale. Oggi il Castello, pur inserito come appendice nella Urbs picta, non può farne compiutamente parte, poiché non è ancora aperto al pubblico. A lavori ultimati, ci si rimetterà in moto per restituirgli il ruolo strategico che gli compete. Oggi si possono ammirare i suoi grandi spazi destinati a accogliere una delle più importanti raccolte di design europeo e quali che verranno dedicati alle grandi personalità artistiche della città».
LA DENOMINAZIONE
Nelle cronache del Trecento il Castello era definito ovra meravejosa, che ciascun straniero desiderava di vedere per singolare cossa e l'obiettivo dell'assessore alla Cultura è che fra qualche anno lo si torni a guardare con uguale meraviglia. «La stessa - osserva - con cui oggi abbiamo imparato a osservare i capolavori del Trecento padovano che di quella epopea gloriosa sono derivazione diretta. Il riconoscimento Unesco, quindi, ricuce una ferita della nostra città, restituisce quel ruolo di capitale politica e artistica che si era ritagliata al tempo dei Carraresi. Padova ne esce rafforzata: più bella, maggiormente consapevole dell'importanza universale della sua storia, orgogliosa di essere erede di quella grande stagione culturale».
ni.co.
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