L'INTERVISTA
Vive a Los Angeles da quattro anni mentre è in attesa che,

Domenica 19 Agosto 2018
L'INTERVISTA
Vive a Los Angeles da quattro anni mentre è in attesa che, nel giro di tre settimane, le nasca il primo figlio avuto con il collega Antonio Folletto in arte O Principe di Gomorra serie tv. Matilda Lutz viene alla luce a Milano 26 anni fa ma ormai è sempre di più un'attrice internazionale dopo l'horror The Ring 3 (2017) e soprattutto il sorprendente Revenge, nelle nostre sale dal 6 settembre, in cui è una giovane donna aggredita da tre maschi. Piccolo grande successo presentato nel 2017 ai Festival di Toronto, poi Torino e ora in arrivo nei cinema italiani. Dalla secchiona pudica de L'estate addosso di Gabriele Muccino e dalla serie tv Rai Fuoriclasse, adesso la vediamo in Revenge tirare fuori un lato violento e bestiale che non immaginavamo.
Cosa è successo?
«Mi sono completamente fidata dalla regista Coralie Fargeat. Sapevo che avrei dovuto tirare fuori una prova fisica bestiale sul set. Io sono estremamente autocritica e questo è il primo film che posso guardare senza vedermi al suo interno. Ne sono molto orgogliosa. È stata una cosa completamente nuova per me».
Faticoso girare un film così fisico?
«Più che altro massacrante. Trentadue giorni di riprese in Marocco a febbraio, quando lì fa molto freddo, senza tanti soldi e tre ore di make-up ogni giorno per ricostruirmi tagli, squarci ed escoriazioni. Lavoravamo 16 ore al giorno. Adoro il trucco e quando feci The Ring 3 andavo sempre a sbirciare quando creavano il mostro della saga Samara. Il mio personaggio in quel film purtroppo aveva pochissimo make-up».
Si è ferita durante le riprese?
«Graffi, qualche taglio, soprattutto i piedi neri non solo per lo sporco ma anche per i lividi. Ho impiegato un mese a farli tornare normali! Nessun incidente grave, solo occhi gonfi e debito di sonno».
Come potrebbe descrivere il suo personaggio Jen, protagonista di Revenge?
«Un'ingenua che imparerà sulla sua pelle quanto gli uomini siano sempre pronti a colpevolizzare la donna per una sua presunta istigazione allo stupro».
Come si è posta nei confronti dell'esplicita esibizione del suo corpo?
«Mi sono affidata. Non sono un'attrice che va a controllare sul monitor le inquadrature di un regista. Non lo faccio mai. Sapevo che avrei corso dei rischi accettando questo film ma dopo aver conosciuto la regista a Parigi, ho deciso di fare un salto nel buio con lei. Ora nel film mi sembra che il mio corpo sia stato trattato in modo geniale: in una prima parte è un oggetto sessuale passivo mentre nella seconda diventa un simbolo di forza femminile senza perdere la sua sensualità».
A proposito di rapporti tra sessi, il film sembra uscire in Italia nel momento giusto, verso la fine di un 2018 in cui si è molto parlato di equilibri tra uomo e donna nell'industria dell'intrattenimento e non solo. Una pura coincidenza?
«Quando presentammo il film a Toronto in prima mondiale nell'autunno del 2017 il caso Weinstein ancora non era scoppiato. Poi, è vero, il nostro film è stato spesso citato per avere un'attinenza con i tempi visto che racconta di una donna che si vendica della violenza subita. Siamo stati fortunati».
E lei nella sua carriera si è mai trovata in situazioni imbarazzanti o pericolose?
«Sono stata sempre abbastanza lungimirante da tirarmi fuori da situazioni rischiose. Io punto sull'impegno e sul talento. Ma può capitare. A Los Angeles un agente cinematografico ha provato a baciarmi così... dal nulla. Fuori dall'ambito lavorativo mi sono trovata in più di una situazione brutta quando vivevo in Italia. Come quella volta in un viaggio in pullman per le vacanze in cui venni sottoposta a una specie di lavaggio del cervello da uno strano tipo».
Vive a Los Angeles da quanto e perché?
«Da ormai quasi quattro anni. Amo gli Stati Uniti e mi ha sempre aiutato il fatto di avere un padre americano e il doppio passaporto. Adoro Los Angeles come città. So che sono in pochi a dirlo ma io mi ci trovo proprio bene. Voglio lavorare qui perché, e mi dispiace dirlo, ci sono più opportunità per le giovani attrici. In Italia esistono spazi ma soprattutto per colleghe più mature. Un attore italiano oggi può accedere a produzioni internazionali. È più facile che in passato. Vorrei lavorare anche in Francia ed è proprio lì che ho conosciuto la regista di Revenge».
E questo figlio in arrivo sarà anche lui un cosmopolita?
«L'Italia è il mio Paese e ne sarò sempre orgogliosa. Come mamma darò al mio bambino il meglio: il cibo italiano, la nostra cultura e poi uno sguardo verso un Paese così vasto e affascinante come gli Stati Uniti».
Tornando al film, ma lei in passato ha mai fatto qualche sport estremo per prepararsi un giorno a un ruolo così impegnativo?
«Ho fatto boxe, hockey, skateboard e surf. Ma quello che mi ha temprato veramente è stato crescere con tre fratelli maschi. Ci adoravamo ma non sa le botte che ci davamo tutto il giorno».
Cosa le riserva il futuro?
«Non lo so e sono sincera. Non ho ancora deciso quanto mi godrò la maternità. Su YouTube mi sono divertita a recitare in Megan, un video che potrebbe far nascere un film ispirato alla fantascienza di Cloverfield. È quasi arrivato a un milione di visualizzazioni. Poi girerò un thriller psicologico con un'altra regista donna di nome Tatia Pilieva».
Francesco Alò
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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