L'INTERVISTA
Roberto Gervaso ha inventato un piccolo grande personaggio. Si è

Sabato 21 Ottobre 2017
L'INTERVISTA
Roberto Gervaso ha inventato un piccolo grande personaggio. Si è messo nei panni di Cesaretto Mericoni (un cognome che rimanda all'Alberto Sordi di Un americano a Roma) e attraverso lo sguardo di questo travet del Prenestino osserva il nostro Paese e lo racconta in Le cose come stanno, ovvero L'Italia spiegata alle persone di buon senso (Mondadori).
Gervaso, come le è venuto in mente di creare Cesaretto, un alter ego così lontano da lei, per origini, per linguaggio, per cultura, per antropologia? «Credo che esistano tre Italie. Quella dei retori. Quella dei denigratori. Quella vera».
Cesaretto è l'Italia vera?
«Sì».
Un uomo qualunque?
«Ma non un qualunquista. Una persona grigia ma seria, il tizio che abita nella porta accanto. Senza pose, senza pretese, soprattutto senza paraocchi ideologici e alieno da ogni tipo di faziosità».
Un borghese piccolo piccolo?
«È uno che vede le cose con semplicità. È romano e da romano legge ogni mattina Il Messaggero, scorre i necrologi, vede i telegiornali. Ed è pure romanista come tutti, o quasi, al Prenestino».
Perché calarsi nei suoi panni?
«Perché il mio autore prediletto è Voltaire».
Ma alla Francia dei Lumi il Prenestino farebbe orrore!
«Voltaire ha scritto il più bel romanzo filosofico d'ogni tempo, Candide. È uno dei miei grandi modelli, insieme a Seneca e a Oscar Wilde. E io cerco, nel mio piccolo, di trarre una morale filosofica dalla storia di Cesaretto».
Qual è il nocciolo della questione?
«È che, in fondo, la vita semplice è l'ultimo rifugio della gente complicata. Cesaretto è esteriormente semplice ma ha una vita interiore complessa. I tipi così sono quelli che sanno guardare meglio la realtà, perché liberi da sovrastrutture d'ogni genere».
E che Italia vede il Mericoni?
«Un Paese che sta fra il bordello, senza maîtresse, il manicomio, il circo equestre, il luna park e la discarica a cielo aperto».
Vota 5 stelle?
«Non è un estremista. Ha votato Dc, centrosinistra, Berlusconi. Ma senza entusiasmo. Vota perché votare è un dovere, oltre che un diritto, e non crede alla politica. Ma è uomo di sani principii».
Potrebbe andargli a genio Renzi?
«Non credo proprio. Lo considera un mix di Gian Burrasca, Capitan Fracassa, il dottor Stranamore, il barone di Munchausen, Don Chisciotte. Un venditore di fumo in technicolor».
Berlusconi invece, con l'età, sembra diventato un rassicurante moderatone.
«Chi, Silvio? Neanche lui può andare bene a Cesaretto. Gli sembra un mattatore diventato quel che è, vendendo arrosto ai vegetariani e perfino ai vegani».
È cattolico, ovviamente, il nostro eroe.
«Ha il calendario di Frate Indovino, è abbonato a Famiglia Cristiana».
Ci salveranno i Cesaretto?
«Forse, sì. Questo Paese ha bisogno di persone come lui. Coscienti e dignitose. Equilibrate. E purtroppo c'è una classe politica indegna di rappresentare Cesaretto e il Cesaretto che c'è in molti di noi».
A un certo punto, egli incontra uno della Cia, Tyron Maccarone. Come mai?
«Si conoscono al bar. L'agente americano deve mandare ogni giorno a Washington un report sui sentimenti e sugli atteggiamenti della gente comune in Italia. Ed è molto colpito dai giudizi semplici, sagaci e disinteressati di Cesaretto. Capisce che Mericoni, vedendo le cose dal basso, in realtà le coglie meglio dell'ambasciatore americano».
Perfino Trump compare in questa specie di finta favola.
«Il presidente degli Stati Uniti viene in visita in Italia. È una persona pragmatica e, sia pure con una dose di arroganza e di prepotenza, parla la lingua della gente comune. Trump vuole incontrare Cesaretto. Lo incontra e ne è conquistato. Lo fa cittadino americano. E poi lo nominerà addirittura ambasciatore in Italia».
Cesaretto a Villa Taverna, ma non è possibile!
«Infatti. Si rompe subito le scatole di quell'ambiente. Quei pranzi e cene senza abbacchio e vino sfuso dei Castelli non fanno per lui. Non vede l'ora di tornare al Prenestino e ci torna tutto contento di poter riparlare di Totti con gli amici del bar sport».
Gervaso, non è che Cesaretto l'ha contaminata, rendendola meno apocalittica e più fatalista?
«Io non sarò mai un ottimista, cioè un pessimista male informato. Però ho capito che l'Italia è questa e io, nonostante la critichi continuamente, non la lascerei mai».
E allora se ne vada a vivere al Prenestino.
«Non posso, mi sono appena trasferito a Milano. Ma quello che volevo dire è che i difetti degli italiani mi fanno arrabbiare ma in fondo me li godo perché sono anche i miei. Questa Italia è una vecchia puttana che conosce bene il suo mestiere e capisce teneramente le debolezze dei suoi clienti, tra cui ci sono anch'io. E come si fa a non amare una donna così?».
Mario Ajello
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