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Isabelle Huppert: «Ecco come mi trasformo in una dark lady»

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Domenica 17 Gennaio 2021
Isabelle Huppert: «Ecco come mi trasformo in una dark lady»
L'INTERVISTA
Sullo schermo, nell'arco dei suoi 130 film, Isabelle Huppert è stata assassina, avvelenatrice, vampira, pianista perversa, borghese snob, suora dissoluta, figlia insensibile, donna bigotta, manager stuprata, prigioniera in ostaggio e tante altre cose ancora. Ma con chador e occhialoni scuri, gioielli vistosi e una valigia carica di cocaina mentre la polizia le sta alle calcagna non l'avevamo ancora vista. Così la superstar francese, sempre innamorata delle sfide, ha colmato la lacuna: nel film La Padrina - La regina di Parigi, una commedia d'azione diretta da Jean-Paul Salomé, titolo di punta al Rendez-vous di Unifrance (uscirà da noi con I Wonder), Isabelle è Patience, un'interprete giudiziaria franco-araba che, a forza di tradurre le intercettazioni degli spacciatori nordafricani, finisce per mettersi a capo di un gigantesco traffico di droga. Tra inseguimenti nei quartieri popolosi di Parigi, sparatorie, dialoghi scoppiettanti, conduce la sua doppia vita giocando al gatto-e-topo con il commissario che in quella inafferrabile dark lady non ha riconosciuto, o forse sì, la traduttrice di cui è innamorato. Da Parigi, via Zoom, l'elegantissima Madame Huppert parla in una rara pausa della sua vita frenetica: ha in post-produzione 4 film tra cui L'ombra di Caravaggio di Michele Placido.
Una criminale in chiave di commedia: cosa l'ha spinta a interpretare La Padrina?
«Innanzitutto il premiatissimo romanzo da cui è tratto il film, La Daronne di Hannelore Cayre. E poi l'incontro con Salomé che nemmeno a farlo apposta voleva ricavarne un film destinato a mescolare commedia, thriller, dramma».
Sentiva il bisogno di un personaggio un po' sopra le righe?
«La mia Patience dice molte bugie ma, al di là della sua vita rocambolesca, conserva una certa autenticità. Il film traccia il ritratto di una donna un po' misteriosa e un po' malinconica che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo. E non sappiamo se lo troverà mai. Mi ha intrigata».
In alcune scene parla arabo: il suo perfezionismo l'ha spinta ad imparare quella lingua difficilissima?
«Ne conosco solo i rudimenti, mi sono stati insegnati da un professore con grande pazienza».
Ha avuto paura che il suo personaggio potesse scatenare le proteste degli integralisti?
«No, mai. Il film è fugacemente uscito in Francia prima del lockdown ed è stato accolto benissimo. Non ci sono state reazioni indignate, tutti si sono divertiti».
Dopo aver interpretato tutti i ruoli possibili, oggi cosa cerca nel cinema?
«Come sempre, l'incontro con persone interessanti e stimolanti. Tutte le mie scelte sono state determinate dal regista con cui avrei lavorato».
Che ruolo ha in L'ombra di Caravaggio?
«Sono Costanza Sforza Colonna, la nobildonna che protegge e ama il pittore (interpretato da Riccardo Scamarcio, ndr). Sono stata felice di ritrovare Placido con cui 30 anni fa girai Le ali della colomba: ha ricostruito la grandezza, la violenza, la trasgressione di Caravaggio e della sua era».
Nel film recita anche sua figlia Lolita Chammah: che consigli le ha dato?
«Non abbiamo scene comuni e anche nei due film precedenti girati insieme non le ho dato consigli. È bravissima, sa trovare la sua strada».
Gloria Satta
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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