I 40 anni di teatro di Brunello: «I burattini, la mia vocazione»

Martedì 2 Ottobre 2018
I 40 anni di teatro di Brunello: «I burattini, la mia vocazione»
L'INTERVISTA
Ha suscitato l'indignazione di qualche fedele della diocesi bergamasca con Beati i perseguitati, un'opera per burattini centrata su un dialogo tra Gesù e Pinocchio, incarcerati in celle vicine. Ha inventato spettacoli sotto un baobab in Mozambico e in America Latina, ma anche nei boschi delle valli del Natisone. In quarant'anni di carriera il veneziano Gigio Brunello ha portato i suoi burattini nei festival europei e sudamericani, ha costruito collaborazioni internazionali, ha segnato la storia del teatro di figura italiano.
Come è iniziata l'avventura con i burattini?
«Ho iniziato a fine anni Settanta con i burattini quando ancora avevano una connotazione legata al teatro di intrattenimento per bambini. Ero autodidatta sono laureato in storia contemporanea ma coltivo da sempre la passione per i burattini».
Non c'era una tradizione in famiglia?
«No, è stata una sorta di vocazione».
Questione di timidezza?
«Non credo. Piuttosto affidando le tue parole alle figure si abbassa la retorica e si mantiene il senso dell'ironia. Insomma, si costruisce un gioco».
Perché ha abbandonato il lavoro per i bambini?
«Non mi interessava, anche se per verificare che i miei lavori non siano noiosi li faccio vedere a un bambino. Perché coinvolgere davvero i bambini è difficilissimo! Mi sono però sempre concentrato sulla drammaturgia. Silvio D'Amico disprezzava il teatro dei burattini, io invece sono fiero di aver scritto un'opera come il Macbeth all'improvviso' che per la prima volta ha ricevuto il premio della critica».
Una scelta non facile in Italia
«In effetti il mondo teatrale fa fatica a identificarti, non sono un attore che fa un monologo e anche quando mi presento in scena lo faccio muovendo i personaggi. Si genera un meccanismo di teatro nel teatro, che a volte risulta spiazzante. In Italia non è stato facile, sono scomparsi anche i pochi festival dedicati, ma con i burattini ho girato il mondo. Il Macbeth è stato tradotto in tedesco e spagnolo».
Ha mai pensato di andare a lavorare altrove?
«No, sono molto legato al mio territorio».
Ha dedicato anche una trilogia a Mestre. Come è nata?
«Su commissione (mai pagata) dal Comune di Venezia. Però ha suscitato grande attenzione».
Qual è il posto più strano in cui si è esibito?
«Sotto un baobab in Mozambico. Avevo pensato di scrivere un testo da presentare su un tavolo e una sedia, non avendo il teatrino. Alla fine non c'erano nemmeno quelli ma ho fatto vivere il coccodrillo davanti a 400 bambini del villaggio».
Dopo quarant'anni di carriera, rifarebbe tutto?
«Sì, ho realizzato il mio sogno di bambino».
Ha un sogno nel cassetto?
«Mi piacerebbe proporre a Venezia un ciclo di commedie goldoniane in 50 minuti per baracca e burattini. Quando ho allestito Il bugiardo' ha girato i teatri italiani ed europei».
Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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