A VENEZIA
Una storica leggenda ricorda che quando ad una delle prime mostre collettive

Venerdì 23 Febbraio 2018
A VENEZIA
Una storica leggenda ricorda che quando ad una delle prime mostre collettive annuali della Fondazione Bevilacqua La Masa, quella del 1910 a Ca' Pesaro, Gino Rossi (Venezia 1884-Treviso 1947) presentò il dipinto La fanciulla del fiore, Nino Barbantini, primo direttore della storica istituzione per i giovani artisti, disse che finalmente l'arte moderna era arrivata a Venezia. La mostra che il Museo di Ca'Pesaro dedica adesso a Gino Rossi (resterà aperta fino al 20 maggio) appare una sorta di omaggio, a settant'anni dalla scomparsa, ad un autentico protagonista del rinnovamento dell'arte a Venezia. Curata da Luca Massimo Barbero ed Elisabetta Barisoni, con un testo in catalogo di Nico Stringa, allinea solo le opere conservate a Ca' Pesaro, assieme a quelle della Fondazione Cariverona, e non è dunque una grande mostra, certamente più piccola di quella allestita nel 1984 a Ca' Vendramin Calergi.
BIZZARRA COINCIDENZA
In occasione, peraltro, con la discutibile contemporaneità dell'analoga rassegna appena aperta al Museo Bailo di Treviso, dove l'artista è morto. Questa a Venezia vuole comunque essere un nuovo momento di riflessione sulla breve stagione espressiva della drammatica figura di Gino Rossi che, com'è noto, ha trascorso gli ultimi vent'anni della sua vita in un manicomio. Ma che, al momento della sua prima presenza a Ca' Pesaro, veniva da un lungo soggiorno a Parigi e in Bretagna nel corso del quale aveva conosciuto, rimanendone fortemente impressionato, l'innovativa esperienza del Cubismo e la rivoluzione espressiva dei Fauves.
PROTAGONISTA
Due fondamentali movimenti dell'arte europea del Novecento che Gino Rossi fece conoscere a Venezia trovando l'entusiastica accoglienza di giovani artisti quali lo scultore Arturo Martini e il futurista Umberto Boccioni. Oltretutto, proprio nel 1910, quest'ultimo allestirà a Ca'Pesaro l'unica mostra personale della sua breve vita. Tra i dipinti più significativi esposti vale pena di segnalare in particolare le intense Barene e Burano del 1912-13, nel quale appare evidente, nella intensità dei colori e nella essenzialità della luce, entrambi distanti dal naturalismo accademico, la forte influenza del fauvismo francese. Tra quelli presenti assume allora un particolare rilievo il Ritratto di signora del 1914, per la solennità compositiva di una figura dal volto severo e fortemente caratterizzato, immersa in una atmosfera cupa e perfino drammatica.
Enzo Di Martino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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