IL CASO
UDINE Fa discutere la direttiva del Viminale arrivata alle Prefetture

Venerdì 19 Luglio 2019
IL CASO
UDINE Fa discutere la direttiva del Viminale arrivata alle Prefetture del Friuli Venezia Giulia nella quale si prevede il trasferimento «fino a 2mila», come ha confermato il prefetto di Trieste Valerio Valenti, richiedenti asilo in altre regioni italiane, seppure in forma graduale. L'obiettivo è di «alleggerire le strutture di accoglienza» anche a fronte del flusso «abbastanza costante» proveniente dalla Slovenia, ha proseguito il prefetto, specificando che nel processo sarà salvaguardata l'accoglienza diffusa così come i nuclei familiari e i gruppi con bambini. Tuttavia, fra chi si occupa di accoglienza è scattata l'allerta soprattutto per il numero di spostamenti previsti, per altro in linea con quanto il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, aveva anticipato lo scorso 5 luglio a Trieste, quando aveva previsto di «dimezzare» la presenza dei richiedenti asilo in regione e dei migranti, ovvero circa 3.800 unità. A ragionare di fronte alla novità ieri è stato l'Ics, il Consorzio italiano di solidarietà Ufficio rifugiati di Trieste.
ICS
Pur riconoscendo che «è indubbio che al momento attuale, e già da alcuni mesi, l'ingresso di richiedenti asilo alle frontiere del Friuli Venezia Giulia abbia assunto una dimensione crescente rispetto al passato», scrive in una nota, «la decisione di trasferire più o meno in blocco, o comunque in tempi ravvicinati, un numero così elevato di richiedenti asilo ha un'evidente natura di carattere politico», poiché «la previsione mirerebbe a spostare la maggior parte dei migranti presenti in regione, poco più di mille presenti a Trieste». Dal capoluogo giuliano in questi giorni, ne dovrebbero partire circa 300, in modo che vi siano i margini per dare ospitalità ai nuovi arrivi. L'Ics comunque richiama la direttiva Ue 2013/33 e considera che i trasferimenti dei richiedenti asilo «sono legittimi» se rispondono a «precise necessità connesse all'attuazione delle misure di accoglienza o a un trattamento adeguato delle domande di asilo». Nel concreto, se «il numero dei richiedenti è superiore alle disponibilità di posti di accoglienza previsti e organizzati nel territorio; se ci sono delle strutture sovraccaricate, come l'ex caserma Cavarzerani di Udine; se non ci sono posti adeguati per specifiche situazioni». Specificati i richiami normativi l'Ics considera anche che «certamente la Pubblica amministrazione è tenuta a effettuare una programmazione almeno di breve-medio termine e pertanto legittimamente tenere leggermente al di sotto della capienza massima alcune strutture collettive destinate alla prima accoglienza». Ma le cose cambiano, secondo l'Ics, se ad essere interessate ai trasferimenti sono anche le strutture rientranti nella programmazione ordinaria. Da qui l'interrogativo «quale sia la reale situazione in Friuli Venezia Giulia e se la norma sia rispettata. Il quadro considera l'Ics non è chiarissimo, ma gli elementi di preoccupazione sono molti e oggettivi». Per questo considera «importantissimo» che tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nei trasferimenti «evidenzino, attraverso report chiari l'effettiva situazione in atto e in particolare se i trasferimenti avvengono dalle grandi strutture collettive o anche dall'accoglienza diffusa»
LEGACOOP
Intanto il presidente di Legacoop Fvg, Livio Nanino, ieri si è «dissociato» dai termini usati dal presidente di Legacoopsociali Fvg Gian Luigi Bettoli, che aveva definito i trasferimenti una «deportazione». Quella di Bettoli, ha detto, «è un'opinione personale non condivisa da Legacoop Fvg, se pur esiste una preoccupazione per le ricadute che provvedimenti ministeriali possono avere sulle cooperative». In ogni caso, ha concluso, «è necessario affrontare temi delicati come quelli dell'immigrazione con toni più pacati, attingendo ai valori della cooperazione».
Antonella Lanfrit
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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