Sardella: «Gli istituti si attivano già per i casi più critici»

Sabato 22 Febbraio 2020
Sardella: «Gli istituti si attivano già per i casi più critici»
IL PUNTO
TREVISO L'ufficio scolastico di Treviso ridimensiona l'appello lanciato dal Comune per arginare i bulli e le baby gang. Dopo le due aggressioni subite la scorsa settimana da altrettanti giovani in via Zorzetto e nella zona di porta Altinia, dove un 16enne di Volpago è stato preso di mira a colpi di spray urticante, il sindaco Mario Conte aveva invitato i presidi a segnalare al municipio «i ragazzi che manifestano più criticità», in modo da poter attivare gli assistenti sociali.
«Dipende frena Barbara Sardella, dirigente dell'ufficio scolastico provinciale se la problematicità è legata alla situazione sociale o familiare che vive il ragazzo, è assolutamente opportuno, come già accade in alcune situazioni, segnalarlo ai servizi sociali del Comune per un intervento coordinato delle istituzioni, anche per la tutela e il recupero del ragazzo stesso. Se invece si tratta di vicende legate all'ambiente scolastico, è bene che sia la scuola a farsene carico e a cercare di risolverle con gli strumenti che ha a disposizione».
LE POSIZIONI
Insomma, non è pensabile che gli istituti segnalino tutto al municipio, mettendo in moto gli assistenti sociali anche davanti a normali, per quanto complesse, esuberanze giovanili. Il discorso è diverso solamente se a scuola emerge che un ragazzo si ritrova a vivere in contesti familiari e sociali talmente conflittuali e difficili da sconfinare nel degrado. In questi casi sono direttamente gli istituti a segnalare che c'è qualcosa che non funziona. «E questo già accade», sottolinea Sardella. La vede allo stesso modo Antonia Piva, preside del Duca degli Abruzzi, una delle scuole superiori più grandi di Treviso e della Marca: «È chiaro che per contesti familiari faticosi il territorio di incontro tra scuola e Comune deve essere quello dei servizi sociali, che sono una risorsa di accompagnamento e non di repressione. Ma le scuole sono già molto attive nella collaborazione con gli operatori del municipio. Mi preme sottolineare anche l'ottica sempre collaborativa, direi pedagogica, con la quale le forze dell'ordine collaborano con la scuola aggiunge paradossalmente, il contesto più esposto e difficilmente sintetizzabile è quello delle famiglie: da realtà assai collaborative e illuminate ad altre in cui il desiderio di proteggere i figli diviene cieco, ad altre ancora in cui le oggettive difficoltà del vivere impediscono di concretizzare il bene più grande da dedicare ai ragazzi: il tempo».
L'OBIETTIVO
L'obiettivo adesso è quello di cercare di fare un passo in più. «Potrebbe essere interessante verificare, e intercettare con programmi mirati di recupero, l'incidenza tra bullismo o microcriminalità giovanile e dispersione scolastica. Attraverso una lettura non superficiale conclude Piva detto questo, penso che sia necessaria una reale concertazione sul territorio per portare al centro i giovani, anzitutto nel loro fabbisogno di protagonismo positivo, la creatività, lo sport, le associazioni di volontariato, i centri di aggregazione, prima di vederli come possibile devianza».
M.F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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