L'accusa della discoteca: «Balli vietati solo per noi»

Domenica 1 Agosto 2021
L'accusa della discoteca: «Balli vietati solo per noi»
CODOGNE'
Dopo diciotto mesi filati di chiusura i gestori di sale da ballo e discoteche hanno esaurito l'ossigeno e la pazienza. La pasionaria Catuscia Cappellotto, da mezzo secolo alla guida di una delle storiche discoteche della Sinistra Piave, la Pergola Imperiale di Codognè, si fa da portavoce di una categoria che a suo dire è veramente stremata, ma non solo, anche discriminata: «Siamo fermi da 18 mesi- Tuona Catuscia- Cosa dobbiamo fare non si sa. Ci sono tremila discoteche in Italia, parliamo di circa 150.000 persone che non lavorano, tra dipendenti, e comparto musicale. In Veneto credo siamo più di 100. In Italia è vietato ballare? Si, ma solo nelle strutture come la mia che pagano fior di quattrini per avere tutto in regola dal punto normativo e della sicurezza, poi guardi in internet e trovi che il Comune di Caorle organizza una serata danzante con orchestra ( il 29 luglio con tanto di locandina che recita: ballo liscio con orchestra). Ci sono delle associazioni che organizzano balli e corsi di ballo, allora parliamo di due pesi e due misure. Ho chiamato la polizia municipale di Caorle ma non hanno saputo darmi una risposta precisa».
L'ACCUSA
«Lo stesso i carabinieri- continua arrabbiata Catuscia- Le regole dovrebbero valere bene per tutti, invece noi che siamo regolari e iscritti al Sindacato Italiano Locali da Ballo (SILB) dobbiamo stare a guardare chi organizza feste da ballo aggirando le regole con la scusa delle associazioni, o peggio, dei Comuni. All'aperto si, anch'io ho due sale all'aperto ma sono chiusa da quasi due anni». Dalla sua parte anche altri due gestori di locali, a Padova, Andrea Covinato, e a Cortina d'Ampezzo Giorgio Apollonio che scrive a Catuscia nel gruppo creato dai gestori di locali del Veneto: «Puoi usare il mio nome tranquillamente e dire che anche nella tanto famosa Cortina ci sono Discobar che da anni fanno ballare abusivamente». Una situazione insostenibile per tutto il settore costretto alla chiusura forzata, specialmente di chi dal primo decreto è stato alle regole, sperando in una prossima apertura che non si è mai avverata. «Se dovessimo mai riaprire, prima di morire- prosegue arrabbiata la Cappellotto, che ha tutti i dipendenti in cassa integrazione- Non chiederò a nessuno il Green pass. Noi, siamo imprenditori con l'acqua alla gola. Io devo far entrare chiunque nel mio locale, con le dovute norme ovviamente ma non posso discriminare i miei clienti a seconda delle loro scelte. Facciano presto al governo».
Pio Dal Cin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci