Ventiquattr'ore per salvare il tricolore e i fondi olimpici

Martedì 26 Gennaio 2021
IL CASO
Ventiquattr'ore di tempo per evitare all'Italia una figuraccia mondiale. O meglio, olimpica. Domani, mercoledì, a Losanna si riunirà l'ultimo comitato esecutivo del Comitato Olimpico Internazionale: poi scatterà il semestre bianco che terminerà con le Olimpiadi di Tokyo, e non ci sarà più il tempo per correggere o modificare le situazioni che andranno a definirsi. E le situazioni, per l'Italia, sono drammatiche. Perché domani, appunto, il Cio ha all'ordine del giorno la sospensione del Comitato Olimpico italiano, il Coni. Con due conseguenze immediate: niente bandiera tricolore, né inno di Mameli, né maglia azzurra per i nostri atleti a Tokyo, e ritiro dei 900 milioni di euro che il Cio ha garantito all'Italia quale contributo per l'organizzazione delle Olimpiadi di Milano-Cortina nel 2026.
Una mazzata all'immagine del nostro Paese, un'offesa e uno schiaffo ad anni di sacrifici di centinaia di campioni. Se oggi non sarà convocato un consiglio dei ministri e non sarà varato un decreto che riassegna al Coni la piena autonomia gestionale, domani il Cio ci declasserà come ha fatto con la Bielorussia e poche altre dittature dove lo sport è controllato dal governo, in violazione della carta olimpica.
Perché siamo arrivati a questo punto? Tutto parte dalla legge di bilancio del 2018 - all'epoca il governo è quello giallo-verde - che prevede la trasformazione della società Coni servizi, braccio operativo del Coni, in una nuova società, Sport& Salute che viene posta alle dirette dipendenze del governo. Di colpo il Coni si ritrova svuotato di asset e personale. Il legislatore dell'epoca rassicura: «Approveremo una legge delega per risolvere questo vulnus».
Ma nell'agosto 2019 il giorno dopo l'approvazione della legge, il governo giallo-verde cade. La legge però attribuisce al Coni la facoltà di operare solo nel contesto Olimpico e non per lo sport di base. In più interviene in maniera diretta sulle strutture territoriali del Coni, stabilendo che hanno solo funzioni rappresentative e svuotandole quindi del ruolo che gli è proprio. Il Cio obietta subito che ciò rappresenta una violazione della Carta olimpica (ogni Comitato può autodeterminarsi come meglio crede e ogni comitato è impegnato nello sport sia olimpico che di base). Il governo (nel frattempo diventato rosso-giallo) prova subito a tranquillizzare: «Con i decreti attuativi risolveremo il problema». Ma in un anno di tempo, non fa nulla. Scade anche l'ultima proroga concessa causa Covid, a fine novembre. Basterebbe un decreto di poche righe, che riconsegni la indipendenza funzionale alla struttura, dal momento che in base alla Carta Olimpica internazionale una struttura che dipende dal governo - da qualsiasi governo - non può surrogare le funzioni del Comitato Olimpico nazionale.
Il Cio ha scritto al ministro Spadafora ogni mese, ricordandogli l'urgenza. Niente. Ha scritto due volte anche al presidente del Consiglio Conte: nessuna risposta. E ora, nel pieno della crisi di governo, dovrebbero riunirsi oggi per tamponare la falla che hanno aperto? Servirebbe un miracolo. Il presidente del Coni, Malagò, ancora ci crede e ieri pomeriggio ha rivolto un appello drammatico in audizione alla Commissione parlamentare Lavoro, Cultura e Sport: «Siamo all'ultima spiaggia: vi supplico di spinfere il governo a firmare subito il decreto per placare il rischio spaventoso che corriamo». Il rischio di perdere i 900 milioni di euro che il Cio dovrebbe versare per le Olimpiadi di Milano-Cortina, nel lungo periodo; ma nell'immediato anche il rischio di azzerare l'immagine dell'Italia nel mondo oltre al danno morale per gli atleti diretti a Tokyo. Marco Marin, oggi deputato di Forza Italia già campione olimpico, è stato portabandiera alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Barcellona e sa che cosa vuol dire: «I successi olimpici sono la punta dell'iceberg del Made in Italy più vincente al mondo, quello sportivo. Il governo dimostra ancora una volta di considerare lo sport il figlio di un dio minore, nel Recovery ha previsto 700 milioni per il bando sport e periferie, quando ci sono 4,5 miliardi di progetti già pronti. Non capisce l'importanza sociale, sanitaria ed economica - rappresenta il 5% del pil italiano - del mondo sportivo. Siamo in mano a degli incompetenti». Non solo a loro, ma a tutto lo sport italiano, restano solo 24 ore.
R. S.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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