Poste, buonuscita congelata (da 20 anni)

Mercoledì 22 Novembre 2017
ROMA Un emendamento è spuntato tra le pieghe della manovra. Il tema sollevato da Sinistra Italiana è delicato, perché riguarda oltre 150mila dipendenti ed ex delle Poste. Ed è esplosivo per i conti dello Stato, sui quali pende una spada di Damocle da quasi un miliardo di euro, 907 milioni per l'esattezza. Alla fine degli anni novanta, fu decisa la trasformazione dell'ente poste in una società per azioni, il primo passo della privatizzazione del gruppo. All'epoca si pose, tra i tanti, uno spinoso problema: ai dipendenti privatizzati di poste, si applica il regime del Tfr come i lavoratori privati, o la buonuscita, come per i lavoratori pubblici? Il nodo fu sciolto salomonicamente. I dipendenti delle Poste assunti prima del 28 febbraio 1998 si vedono liquidare fino a quella data la buonuscita pubblica e a partire dal primo marzo il Tfr privato. Questa decisione, tuttavia, ha comportato un problema di non poco conto. La buonuscita viene calcolata sull'ultimo stipendio. In questo modo si rivaluta nel tempo al pari del Tfr dei privati. Invece, la parte pubblica è parametrata allo stipendio del 1998: ciò significa il congelamento da anni della rivalutazione. Nel 2102, l'allora governo Monti si era detto pronto a trovare, entro il 31 gennaio 2013, un modo per rivalutare le buonuscite dei dipendenti di Poste. Solo che i soldi non ci sono.
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