Lo svizzero resta dietro alle sbarre, era il braccio destro di Vazzoler

Martedì 28 Agosto 2018
Lo svizzero resta dietro alle sbarre, era il braccio destro di Vazzoler
L'INCHIESTA
PADOVA Niente arresti domiciliari a casa della mamma a Bergamo per Marco Remo Suardi. Il braccio destro di Alberto Vazzoler, residente in Svizzera. Attraverso il suo legale, a metà di giugno, ha presentato domanda di scarcerazione al Tribunale del Riesame di Venezia. Ma i giudici, con ordinanza del quattro di luglio, gli hanno negato i domiciliari. Già indagato per associazione per delinquere ed esercizio abusivo dell'attività finanziaria, è stato considerato dal Riesame un criminale di spicco capace di reiterare il reato in qualsiasi momento. I giudici hanno sottolineato come Suardi sia specializzato nell'evasione fiscale. Durante le indagini condotte dagli uomini della Finanza, coordinati dal sostituto procuratore Roberto D'Angelo, è emerso come il bergamasco attraverso una serie di email abbia chiesto a Vazzoler di inviargli Iban e contatti di mandato, che poi erano sottoscritti da Druga, soprannome dell'avvocato croato Zeljko Dubravko arrestato in Croazia. Erano di fatto contratti fittizi e simulati, in cui varie società affidavano al legale l'incarico professionale di stabile con le autorità croate ogni contatto necessario per la realizzazione di investimenti in Croazia in diversi settori. Era, secondo gli inquirenti, un sistema per vestire di legalità e dare una causale al bonifico con cui la società, cliente dell'associazione per delinquere, faceva uscire ingenti somme di denaro dai conti svizzeri. E ancora dalle indagini era venuto alla luce come Suardi e lo svizzero Albert Damiano, avessero un numero molto importante di clienti tanto da essere i migliori procacciatori dell'associazione ai quali, ancora secondo l'accusa, è stato consegnato in contanti e previo intrattenimento dell'illecita provvigione, il denaro contante ripulito dall'organizzazione. Così secondo la dinamica ricostruita dagli investigatori, Vazzoler, ex dentista, e i suoi complici, facevano partire bonifici dalle banche svizzere verso società fittizie nella Repubblica Ceca e Slovacca, per l'acquisto di lingotti d'oro. Poi altri bonifici venivano inviati a società con sede a Dubai. Qui, Elena Manganelli Di Rienzo riscuoteva in contanti il denaro e lo spediva di nuovo in Svizzera, a disposizione dei clienti dell'organizzazione. Vazzoler e i suoi trattenevano una percentuale tra il 5 e il 10 per cento. Avrebbero bonificato almeno 46 milioni di euro. I loro affari si sono impennati nel 2015 dopo la firma del protocollo d'intesa fra Italia e Svizzera che ha fatto cadere il segreto bancario. Adesso gli inquirenti hanno in mano tutta la verità su quel vorticoso giro di denaro che dall'Italia partiva per paesi dell'est per rientrare pulito dopo qualche tempo.
M.A.
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